COSTITUZIONI DEI FRATI MINORI CAPPUCCINI E ORDINAZIONI DEI CAPITOLI GENERALI * REGOLA E TESTAMENTO DI S. FRANCESCO Testo ufficiale e versione italiana Conferenza Italiana dei Ministri Provinciali Cappuccini Roma 2002 CAPITOLO I LA VITA DEI FRATI MINORI CAPPUCCINI ARTICOLO I La nostra vita secondo il Vangelo 1 1. Il santo Vangelo del nostro Signore Gesù Cristo è sempre, per la Chiesa, sorgente di vita e annunzio di salvezza al mondo intero. 2. Per mezzo del Vangelo infatti la Chiesa, guidata dallo Spirito Santo, conosce Cristo e con la fede ne accoglie le opere e le parole, che per coloro che credono sono spirito e vita. 3. San Francesco, fondatore della nostra Fraternità, fin dall’inizio della sua conversione accolse il Vangelo come norma del suo vivere e del suo agire. 4. Perciò all’inizio e alla fine della Regola espressamente ordinò che si osservasse il Vangelo, e nel Testamento affermò che gli era stato rivelato di dover vivere secondo la forma del santo Vangelo. 5. Quindi noi, figli di Francesco, impegnamoci a progredire sempre di più nella conoscenza del Vangelo. 6. In tutte le circostanze della vita seguiamo il Vangelo come legge suprema; leggiamone assiduamente le parole che salvano e, come la beata Vergine Maria, meditiamole portandole nel cuore. Così la nostra vita sarà sempre più profondamente permeata dal Vangelo e noi cresceremo verso la pienezza in Cristo. 2 1. San Francesco, autentico discepolo di Cristo e sublime modello di vita cristiana, insegnò ai suoi frati a seguire in letizia le orme di Cristo povero e umile per essere guidati da lui nello Spirito Santo al Padre. 2. Infiammati dall’amore di Cristo, contempliamolo nell’annientamento dell’incarnazione e della croce per essere a lui più somiglianti; e, celebrando l’Eucaristia in fraterna letizia, partecipiamo al mistero pasquale, per pregustare la gloria della sua risurrezione, nell’attesa che egli ritorni. 3. Osserviamo con cuore generoso i consigli evangelici, specialmente quelli di cui abbiamo fatto voto, cioè la castità consacrata a Dio, la povertà che per noi è particolare via di salvezza, e l’obbedienza caritativa. 3 1. San Francesco, dopo aver ascoltato le parole della missione dei discepoli, diede inizio alla Fraternità dell’Ordine dei Minori, perché, vivendo in comunione di vita, testimoniasse il Regno di Dio, predicando la penitenza e la pace con l’esempio e la parola. 2. Per acquisire la forma del vero discepolo di Gesù Cristo, che in modo mirabile si manifestò in san Francesco, impegniamoci a imitare lui, a prenderci diligente cura con la vita e con le opere del suo patrimonio spirituale e a parteciparlo agli uomini di ogni tempo. 3. A questo fine leggiamo frequentemente la vita e gli scritti di san Francesco e dei suoi figli, in modo particolare dei cappuccini, che si sono distinti per santità di vita, operosità apostolica e dottrina, come pure altri libri che rivelano il suo spirito. 4 1. Come Frati Minori Cappuccini dobbiamo conoscere l’indole e il progetto di vita della nostra Fraternità, affinché la nostra vita, rettamente adattata ai diversi tempi, si ispiri alla genuina tradizione dei nostri fratelli. 2. Prima di tutto si devono imitare ritornando all’originaria ispirazione, cioè alla vita e Regola del nostro Padre Francesco,con la conversione del cuore, in modo che il nostro Ordine continuamente si rinnovi. 3. Seguendo il loro esempio, sforziamoci di dare la priorità alla vita di preghiera, specialmente contemplativa; coltiviamo una povertà radicale, sia personale che comunitaria, insieme allo spirito di minorità; offriamo l’esempio di una vita austera e lieta nella penitenza, nell’amore alla croce del Signore; alla luce dei segni dei tempi, impegniamoci inoltre a cercare nuove forme per la nostra vita, con l’approvazione dei legittimi superiori. 4. Mentre teniamo fra di noi un rapporto familiare come fratelli, condividiamo con gioia la vita con i poveri, con i deboli e i malati, e custodiamo la nostra caratteristica di frati del popolo. 5. Diamo impulso a un’attività apostolica dinamica e con varietà di forme, anzitutto con l’evangelizzazione, conservando sempre lo spirito di servizio. 5 1. La Regola di san Francesco, che sgorga dal Vangelo, ci sospinge a vivere la vita evangelica. 2. Perseveriamo attivamente nel ricercarne l’intelligenza spirituale e sforziamoci di metterla in pratica con santa operazione in semplicità e purezza di cuore, come espressamente ci esorta a fare lo stesso nostro Fondatore nel Testamento, e secondo lo spirito, le intenzioni evangeliche e la santità esemplare dei primi frati cappuccini. 3. I superiori, insieme alle fraternità, favoriscano la conoscenza, l’amore e l’osservanza della Regola. 4. La Regola e le intenzioni del nostro Padre e legislatore devono poter esser fedelmente osservate in ogni parte del mondo. A questo scopo, i superiori maggiori provvedano che si cerchino le forme più idonee per la vita e l’apostolato dei frati, applicando anche il principio della pluriformità, secondo la diversità delle regioni, delle culture e delle esigenze dei tempi e dei luoghi. 5. Autentica pluriformità è infatti quella che, salva sempre l ’unità dello stesso spirito genuino, trova il suo fondamento nella comunione fraterna e nell’obbedienza ai superiori; così viene garantita la libertà evangelica nell’agire, anzitutto in vista del rinnovamento della nostra vita, in modo che non si estingua lo spirito. 6 1. Il serafico Padre fece scrivere il Testamento quando, poco prima di morire, con le sacre stimmate nel suo corpo e pieno di Spirito Santo, più intensamente desiderava la nostra salvezza. 2. In esso egli manifesta la sua ultima volontà e ci consegna l’eredità preziosa del suo spirito. 3. San Francesco ci ha donato il Testamento perché ogni giorno, sempre più perfettamente e secondo l’interpretazione che ne fa la Chiesa, osserviamo la Regola che abbiamo professata. 4. Per questo, in continuità con la tradizione del nostro Ordine, noi accogliamo il Testamento come primo commento spirituale della Regola e fonte di profonda ispirazione per la nostra vita. 7 1. Le Costituzioni hanno lo scopo di aiutarci, nelle mutevoli situazioni della vita, ad osservare la Regola nel modo migliore e quanto più perfettamente. 2. In esse troviamo un mezzo sicuro per rinnovarci spiritualmente in Cristo e un valido aiuto nel cammino verso la pienezza della consacrazione,con la quale ogni frate si è donato totalmente a Dio. 3.Osserviamo queste Costituzioni, alle quali siamo obbligati in forza della nostra professione, non da servi ma come figli che aspirano ardentemente ad amare Dio sopra ogni cosa, nell’ascolto dello Spirito Santo che ci istruisce, impegnati per la gloria di Dio e per la salvezza dei fratelli. 4. Si esortano vivamente tutti i frati a dedicarsi con amore allo studio personale della Regola, del Testamento e delle Costituzioni per esserne intimamente imbevuti. ARTICOLO II La nostra vita nella Chiesa 8 1. La Chiesa, strumento di salvezza e di unione degli uomini con Dio e tra di loro, si presenta come il popolo di Dio che è pellegrino nel mondo e, costituito da Cristo in comunione di vita, di carità e di verità, viene arricchito dallo Spirito Santo di molteplici doni o carismi per rinnovare e diffondere sempre più la Chiesa stessa. 2. All’interno di essa, ricca di così grande varietà di carismi, san Francesco, sotto il soffio dello Spirito Santo, ha dato inizio a una Fraternità religiosa con una propria forma di vita. La Chiesa l’ha approvata con la sua autorità gerarchica e con sollecitudine di madre continua a custodirla, affinché nel proprio volto più chiara risplenda l’immagine di Cristo povero, umile e dedito al servizio degli uomini, specialmente dei poveri. 3. Anche l’Ordine dei Frati Minori Cappuccini è stato approvato dalla Chiesa con la Bolla “Religionis zelus ”, emanata dal Papa Clemente VII il 3 luglio 1528. 4. Amiamo quindi intensamente la Chiesa, meditiamo il suo mistero e prendiamo parte attiva alla sua vita e alle sue iniziative. 9 1. Seguendo l’esempio di san Francesco, che fu uomo cattolico e integralmente apostolico, prestiamo fedele obbedienza allo Spirito di Cristo che vive nella Chiesa. 2. Obbediamo e riveriamo il Sommo Pontefice, a cui i religiosi, anche in forza del voto di obbedienza, sono sottomessi come a supremo superiore, e il Collegio dei Vescovi che insieme con lui è segno visibile dell’unità e dell’apostolicità della Chiesa. 3. Dovunque siamo, cooperiamo al bene della Chiesa particolare con la nostra presenza fraterna e profetica, adoperandoci per la sua crescita e il suo progresso. 4. Offriamo il nostro servizio apostolico al popolo di Dio e a tutta la comunità umana, secondo il nostro carisma e sotto la guida del Vescovo diocesano. 5. Rendiamo il dovuto onore ai presbiteri e a tutti quelli che ci amministrano lo spirito e la vita, e collaboriamo attivamente con essi. 10 1. Amiamo e obbediamo con animo generoso al ministro generale, che è stato scelto per il servizio e per l’utilità di tutta la Fraternità, come successore del santo Fondatore e come legame vivo che ci unisce con l ’autorità della Chiesa e fra di noi. 2.. Seguiamo con amore e con obbedienza attiva e responsabile anche gli altri ministri della Fraternità, che il Signore ci ha dato come pastori e che sono depositari della fiducia dei frati, affinché siamo più strettamente e sicuramente legati al servizio della Chiesa in spirito di fede e nell’ amore di Cristo. 11 1. San Francesco dall’adorazione del Padre, che è il sommo bene, attinse quel sentimento di fratellanza universale, che gli faceva vedere in ogni creatura l’immagine di Cristo primogenito e salvatore. 2. Come figli di quello stesso Padre, sentiamoci fratelli di tutti gli uomini, senza alcuna discriminazione; e, andando incontro con spirito fraterno a tutte le creature, continuamente offriamo a Dio, fonte di ogni bene, la lode del creato. 3. Riuniti dallo Spirito Santo nella stessa vocazione, mediante la preghiera e l’attività comunitaria favoriamo il senso di fraternità in tutto l’Ordine e soprattutto nelle nostre comunità provinciali e locali. Coltiviamo lo stesso sentimento verso tutti i fratelli e le sorelle, sia religiosi sia laici, che con noi formano un’unica famiglia francescana. 4. La nostra fraternità evangelica, quasi modello e fermento di vita sociale, invita gli uomini a promuovere tra loro relazioni fraterne e a unire le forze in vista dello sviluppo e della liberazione di tutta la persona nonché per l’autentico progresso sociale. 5.La nostra vita fraterna ha un’importanza particolare e acquista maggior forza di testimonianza nel processo di sana socializzazione e solidarietà, con il quale Dio ci chiama ad impegnarci nel realizzare e far crescere la fraternità nella giustizia e nella pace. 12 1. Il Figlio di Dio, assumendo la condizione di servo, è venuto non per essere servito ma per servire e dare la propria vita per la salvezza di tutti. 2. Nell’intimo desiderio di conformarci a lui, non presumiamo di essere nella condizione di maggiori, ma impegniamoci quali minori nel servire tutti, specialmente quelli che patiscono indigenza e tribolazioni, anzi perfino coloro che ci perseguitano. 3. Volentieri, dunque, viviamo la nostra vita fraterna accanto ai poveri,condividendo con grande amore i loro disagi e la loro umile condizione. 4. Mentre andiamo loro incontro nelle necessità materiali e spirituali, dedichiamoci con la vita, l’azione e la parola alla loro promozione umana e cristiana. 5. Così facendo, manifestiamo nella minorità il nostro spirito di fraternità e in pari tempo diventiamo fermento di giustizia, di unione e di pace. 13 1. Per realizzare con frutto la nostra vocazione evangelica nella Chiesa e nel mondo, impegnamoci a vivere con fedeltà la vita apostolica, che unisce inscindibilmente la contemplazione e l’azione, a imitazione di Gesù, che visse incessantemente nella preghiera e nell’opera della salvezza. 2.Gli apostoli, mandati dal Signore in tutto il mondo, seguendo il modello di vita del Maestro, erano perseveranti nella preghiera e nel servizio della parola. 3. San Francesco, che pur preferiva i luoghi solitari, per seguire le orme del Signore e degli apostoli, scelse una forma di vita che in sé unisse intimamente la preghiera e la proclamazione del messaggio di salvezza. 4. Siamo perciò assidui nella lode di Dio e nella meditazione della sua parola, affinché sempre più cresca in noi il vivo desiderio che gli uomini, per opera nostra, giungano ad amare Dio in letizia. 5. Così, la nostra vita di preghiera sarà totalmente compenetrata di spirito apostolico, e la nostra attività apostolica sarà pienamente animata dallo spirito di preghiera. CAPITOLO II LA VOCAZIONE ALLA NOSTRA VITA E LA FORMAZIONE DEI FRATI ARTICOLO I La vocazione alla nostra vita 1. Dio nella sua bontà chiama tutti i cristiani nella Chiesa alla perfezione della carità, nei diversi stati di vita, perché siano fatte progredire la santità personale e la salvezza del mondo. 2. A questa chiamata ognuno deve dare una risposta d’amore con la massima libertà, in modo che la dignità della persona umana si armonizzi con la volontà di Dio. 3. Tutti con animo riconoscente rallegriamoci per la grazia singolare della vocazione alla vita religiosa, a noi concessa da Dio. 4. In risposta alla nostra vocazione francescano-cappuccina, offriamo una testimonianza pubblica e sociale della vita eterna di Cristo già presente nel tempo, seguiamo Cristo povero e umile, diffondiamo ovunque il suo messaggio agli uomini, specialmente ai poveri. 5. Così noi, vivendo in fraternità come pellegrini, penitenti nel cuore e nelle opere, al servizio di tutti gli uomini in spirito di minorità e in letizia, ci dedichiamo alla missione salvifica della Chiesa. 15 1. La sollecitudine per le vocazioni nasce principalmente dalla consapevolezza dei frati di vivere essi stessi e di proporre agli altri un genere di vita particolarmente ricco di valori umani ed evangelici. Gli aspiranti, quando abbracciano tale vita, mentre rendono un autentico servizio a Dio e agli uomini, realizzano pienamente se stessi. Noi però dobbiamo rinnovarci continuamente se vogliamo offrire una chiara testimonianza di un tal genere di vita. 2. Tutti i frati collaborino attivamente nel favorire le nuove vocazioni, mossi dal desiderio di realizzare il disegno di Dio secondo il nostro carisma. 3. Memori della preoccupazione di san Francesco nel veder crescere di numero la fraternità delle origini, tutti i frati, e anzitutto i ministri e le singole fraternità, si prendano diligente cura di discernere e favorire le vocazioni autentiche, soprattutto con l’esempio della vita, con la preghiera e con la parola. 4. Così facendo, collaboriamo con Dio che chiama e sceglie chi vuole e gioviamo al bene della Chiesa. 16 1. Si promuovano diligentemente le varie forme di impegno pastorale per le vocazioni, specialmente negli ambienti più affini allo spirito del nostro Ordine. 2. Migliori risultati si ottengono se alcuni frati vengono incaricati in modo specifico di promuovere e coordinare l’animazione vocazionale. Tutti i frati però offrano la loro collaborazione in segno di fecondità della vita francescana. 3. Per favorire le vocazioni giova molto offrire ai giovani l’opportunità di partecipare in qualche modo alla nostra vita fraterna. Questo molto opportunamente potrà avvenire in apposite case, dove contemporaneamente venga ad essi offerto un aiuto per la riflessione personale. 4. Secondo le esigenze delle regioni e dei tempi, i ministri provinciali con il consenso del definitorio e, se sembrerà opportuno, con il consiglio del Capitolo provinciale, costituiscano strutture particolari per seguire più da vicino e preparare nel modo migliore coloro che si orientano alla vita religiosa. 5. Tali strutture siano ordinate secondo i principi di una sana pedagogia, di modo che, armonizzando formazione scientifica e formazione umana e mantenendo i debiti rapporti con la società e la famiglia, gli alunni vi conducano una vita cristiana confacente alla loro età, al loro spirito e al loro sviluppo; tale cioè che consenta di scoprire e sostenere la vocazione alla vita religiosa. 6. Il corso degli studi necessari venga programmato in modo che gli alunni possano continuarli altrove senza difficoltà. ARTICOLO II L ’ammissione alla nostra vita 17 1. San Francesco, preoccupato della purezza della nostra vita,prevedendo che la sua Fraternità sarebbe cresciuta in una grande moltitudine, temeva allo stesso tempo che crescesse il numero dei frati inetti. 2. Perciò, coloro che vogliono abbracciare la nostra vita siano accuratamente esaminati e scelti, perché la Fraternità, più che di numero, deve crescere di giorno in giorno nella virtù, nella perfezione della carità e nello spirito. 3. I ministri provinciali s’informino con cura se gli aspiranti alla nostra vita abbiano le qualità richieste dal diritto comune e dal nostro particolare per la loro valida e lecita ammissione. In particolare si osservi quanto segue: a) gli aspiranti, per la loro indole, devono essere idonei a vivere la nostra vita evangelica in comunione fraterna; b) sia accertato che essi godono della salute fisica e psichica necessaria per vivere il nostro genere di vita; c) bisogna che con la loro vita gli aspiranti mostrino di credere fermamente ciò che crede e tiene per certo la santa madre Chiesa e abbiano un modo di sentire cattolico; d) risulti che essi godono di buona reputazione, specialmente presso le persone che meglio li conoscono; e) abbiano la maturità richiesta e una volontà generosa e sia accertato che essi vengono all’Ordine solo per mettersi sinceramente al servizio di Dio e della salvezza degli uomini, seguendo la Regola e forma di vita di san Francesco e le nostre Costituzioni; f) abbiano l’istruzione richiesta nella rispettiva regione e diano speranza che potranno fruttuosamente esercitare i loro uffici; g) specialmente se si tratta di aspiranti in età adulta e di quelli che hanno avuto già una qualche esperienza di vita religiosa, si prendano tutte le informazioni utili circa la loro vita precedente; h)trattandosi poi di accogliere dei chierici diocesani o persone provenienti da altro istituto di vita consacrata, da una società di vita apostolica o da un seminario, oppure della riammissione di un nostro candidato, si osservino le prescrizioni del diritto comune. 18 1. Cristo, nostro sapientissimo maestro, al giovane che gli aveva manifestato il desiderio di voler raggiungere la vita eterna rispose che,se voleva essere perfetto, cominciasse con il vendere tutti i suoi beni e distribuirli ai poveri. 2. Francesco, a sua imitazione, non solo lo insegnò e lo mise in pratica in se stesso e negli altri che accoglieva, ma anche nella Regola ordinò che fosse osservato. 3. Perciò i ministri provinciali facciano conoscere e spieghino quelle parole del santo Vangelo agli aspiranti che vengono al nostro Ordine spinti da un amore profondo a Cristo, affinché a suo tempo, prima della professione perpetua, essi facciano la rinunzia ai loro beni materiali, preferibilmente a favore dei poveri. 4. Gli aspiranti si preparino spiritualmente alla futura rinunzia dei beni e si dispongano al servizio di tutti gli uomini, specialmente dei poveri. 5. I frati poi, come vuole la Regola, evitino di ingerirsi in qualsiasi modo in questi affari. 6. Gli aspiranti, inoltre, siano disposti a mettere a disposizione di tutta la fraternità le risorse di intelligenza e di volontà e anche i doni di natura e di grazia per svolgere gli incarichi che riceveranno a servizio del popolo di Dio. 19 1. Ammettere al postulato, al noviziato e alla professione, oltreché al ministro generale, in ciascuna provincia compete al ministro provinciale, che può delegare questa facoltà al vicario provinciale, al viceprovinciale e al superiore regolare. 2. Questi superiori, prima di ammettere gli aspiranti al noviziato, consultino il proprio Consiglio oppure tre o quattro frati nominati dallo stesso Consiglio; invece per poterli ammettere alla prima professione e a quella perpetua hanno bisogno del consenso del loro Consiglio. 3. Se il caso lo richiede, si consultino anche coloro che hanno una particolare competenza in materia. 20 1. Spetta al maestro dei novizi compiere l’atto o il rito di ricevere i novizi, a meno che il ministro provinciale disponga diversamente; con tale atto ha inizio il noviziato. 2. È invece il ministro provinciale che riceve in nome della Chiesa i voti dei profitenti; può tuttavia delegare questa facoltà ad un altro frate dell’Ordine. 3. Nel ricevere al noviziato e nell’emettere la professione si osservino le norme liturgiche. 4. La professione religiosa ordinariamente si emetta durante la celebrazione eucaristica, servendosi della formula seguente, approvata dalla Santa Sede per le famiglie francescane: “A lode e gloria della SS.ma Trinità. Io, fr. N.N., poiché il Signore mi ha ispirato di seguire più da vicino il Vangelo e le orme di nostro Signore Gesù Cristo, davanti ai fratelli qui presenti, nelle tue mani, fr. N.N., con fede salda e volontà decisa: faccio voto a Dio Padre santo e onnipotente di vivere per tutto il tempo della mia vita (o: per...ann...) in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità e insieme professo la vita e la Regola dei Frati Minori confermata da Papa Onorio promettendo di osservarla fedelmente secondo le Costituzioni dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini. Pertanto mi affido con tutto il cuore a questa Fraternità perché, con l’efficace azione dello Spirito Santo, guidato dall’esempio di Maria Immacolata, per l’intercessione del nostro Padre Francesco e di tutti i santi, sostenuto dal vostro fraterno aiuto, possa tendere costantemente alla perfetta carità nel servizio di Dio, della Chiesa e degli uomini ”. 21 1. La natura e il fine dei tre consigli evangelici, ai quali ci si impegna con voto nella professione, è di unirci a Cristo con il cuore reso libero dalla grazia, in una vita casta, povera e obbediente per il Regno dei cieli, sulle orme di san Francesco. 2. Il consiglio evangelico della castità per il Regno dei cieli, quale segno del mondo futuro e fonte di più abbondante fecondità in un cuore indiviso, comporta l’obbligo della perfetta continenza nel celibato. 3. Il consiglio evangelico della povertà a imitazione di Cristo, il quale da ricco che era si fece povero, oltre a una vita povera nelle cose e nello spirito, comporta la dipendenza dai superiori e la limitazione nell’usare e nel disporre dei beni; inoltre, richiede che prima della professione perpetua si faccia la rinunzia volontaria alla capacità di acquistare e possedere; e ciò, per quanto possibile, in una forma che sia valida anche secondo il diritto civile. 4. Il consiglio evangelico dell’obbedienza, professato in spirito di fede e di amore per seguire Cristo obbediente fino alla morte, comporta l’obbligo di sottomettere la volontà ai legittimi superiori per amore di Dio “in tutte le cose che non vanno contro la coscienza e contro la Regola ”, quando essi comandano secondo le nostre Costituzioni. ARTICOLO III La formazione in generale 22 1. La formazione è la promozione dei frati e delle fraternità, in modo che la nostra vita sia di giorno in giorno sempre più conforme al santo Vangelo e allo spirito francescano,secondo le esigenze dei luoghi e dei tempi. La formazione deve essere continua e protrarsi per tutta la vita sia in ordine ai valori umani che alla vita evangelica e religiosa. 2. La formazione integrale coinvolge tutta la persona, in particolare nel suo aspetto psichico, religioso, culturale e anche professionale o tecnico. Essa si realizza in due fasi: la formazione iniziale e la formazione permanente. 23 1. Ogni formazione è prima di tutto azione dello Spirito Santo, che vivifica interiormente sia i formatori che i formandi. 2. La formazione attiva esige la collaborazione dei formandi, che sono i primi operatori e responsabili della propria crescita. 3. Ogni frate è allo stesso tempo e per tutta la vita formando e formatore, perché tutti abbiamo sempre qualcosa da imparare e da insegnare. Questo principio sia stabilito come programma della formazione, da tradursi nella pratica della vita. 4. Vivere insieme tra noi come frati minori è l’elemento primordiale della vocazione francescana. Perciò la vita fraterna deve essere sempre e dovunque esigenza fondamentale del processo formativo. http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (7 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap 5. Perché le singole fraternità, in modo particolare quelle specificamente formative, possano soddisfare questa primaria esigenza, è necessario che attingano ispirazione e incentivo da quella primigenia fraternità che è la fraternità provinciale. 6. Anche se tutti i frati sono formatori, ci devono necessariamente essere alcuni che hanno maggiore responsabilità nell’ufficio della formazione e sono di ciò incaricati. Primi fra questi sono il ministro provinciale e i guardiani, in quanto animatori e coordinatori ordinari del cammino formativo dei frati.Vi sono poi dei formatori qualificati, che assumono questo ufficio particolare a nome della fraternità. 24 1. L’Ordine disponga degli strumenti formativi rispondenti alle esigenze del proprio carisma specifico. 2. Dovendosi prestare un’attenzione particolare ai frati durante il periodo della formazione iniziale, le singole circoscrizioni dispongano di adeguate strutture educative. 3. Il processo educativo richiede, come esigenza molto importante, un gruppo di frati responsabili che lavorino seguendo criteri omogenei per l’intero iter formativo. Tale gruppo deve avere il debito sostegno di tutta la fraternità. 4. Di grande importanza sono il segretariato per la formazione e i centri formativi; perciò ci si preoccupi di curarli bene e di renderli efficienti. 5. Il segretariato generale per la formazione sia a disposizione dei superiori generali come dei superiori delle diverse circoscrizioni, offrendo loro aiuto e informazioni perché possano favorire quanto riguarda la formazione. 6. Similmente nelle singole province si abbia un consiglio per la formazione e nei centri formativi un frate abbia particolare responsabilità per promuovere ciò che riguarda la formazione. 7. Le singole province o i gruppi di province, secondo le situazioni regionali, abbiano un loro piano formativo, nel quale siano esposti gli obiettivi, i programmi e gli itinerari concreti di tutto il processo formativo dei frati. ARTICOLO IV L’iniziazione alla nostra vita 25 1. La formazione iniziale alla nostra vita richiede le necessarie esperienze e conoscenze, mediante le quali gli aspiranti, guidati dai formatori, si avviano progressivamente alla vita francescana evangelica. 2. Nel tempo della iniziazione la formazione degli aspiranti, componendo in modo armonico l’elemento umano e quello spirituale, sia veramente solida, integrale e adattata alle esigenze dei luoghi e dei tempi. 3. Si adottino mezzi appropriati per una educazione attiva, anzitutto l’esercizio di attività e compiti mediante i quali gli aspiranti siano gradualmente portati all’acquisto del dominio di sé e della maturità psichica e affettiva. 4. Nel rispetto del temperamento personale e dei doni di grazia di ciascuno, essi vengano iniziati a una vita spirituale nutrita dalla lettura della parola di Dio, dall’attiva partecipazione alla liturgia, dalla riflessione e dalla preghiera personale, in modo che siano sempre più attratti verso Cristo, che è via, verità e vita. 5. Nella formazione iniziale i frati acquistino una seria conoscenza e pratica dello spirito francescano cappuccino con lo studio della vita di san Francesco e del suo pensiero sull’osservanza della Regola, della storia e delle genuine tradizioni del nostro Ordine, e soprattutto con l’assimilazione interiore e pratica della vita alla quale sono stati chiamati. 6. Coltivino in modo particolare la vita fraterna sia nella comunità sia con le altre persone, alle cui necessità vadano incontro con sollecitudine, per imparare così a vivere sempre più perfettamente la solidarietà attiva con la Chiesa. 7. La formazione iniziale speciale dei frati sia programmata a seconda dei diversi uffici che dovranno esercitare e secondo le circostanze e gli statuti particolari delle circoscrizioni. http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (8 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap 8. Tutte le tappe della iniziazione devono essere trascorse in fraternità particolarmente idonee a vivere la nostra vita e a curarne la formazione, costituite a questo scopo dal ministro provinciale con il consenso del definitorio. Tuttavia il ministro provinciale, con il consenso del definitorio, ha facoltà di permettere che il periodo del postulato sia trascorso al di fuori delle nostre fraternità. 9. L’erezione, il trasferimento e la soppressione della casa del noviziato spetta al ministro generale con il consenso del suo definitorio mediante decreto scritto. In casi particolari e in via eccezionale la medesima autorità può concedere che un aspirante faccia il noviziato in un’altra casa dell’Ordine, sotto la guida di un religioso idoneo, che faccia le veci del maestro dei novizi. 10. Il superiore maggiore può permettere che il gruppo dei novizi dimori per determinati periodi di tempo in un’altra casa dell’Ordine da lui designata. 26 1. Ogni fratello, dato da Dio alla fraternità, le porta gioia e insieme è per noi stimolo a rinnovarci nello spirito della nostra vocazione. 2.L’azione formativa iniziale è compito di tutta la fraternità, dal momento che gli aspiranti sono parte di essa. 3. Tuttavia il ministro provinciale, con il consenso del definitorio, nel modo e nei limiti che lui stesso dovrà stabilire, ne affidi la direzione a frati dotati di esperienza della vita spirituale, fraterna e pastorale, di scienza, prudenza, discernimento degli spiriti e conoscenza delle anime. 4. I maestri, sia dei postulanti che dei novizi e dei professi, siano liberi da ogni impegno che possa ostacolare la cura e la guida degli aspiranti. 5. Se motivi particolari lo consigliano, al maestro si possono affiancare dei collaboratori, specialmente in ciò che riguarda la cura della vita spirituale e il foro interno. 27 1. Il tempo della formazione iniziale comincia il giorno in cui uno, ammesso dal ministro provinciale, entra nella fraternità, e si protrae fino alla professione perpetua. Esso si compie a norma del diritto universale e del nostro particolare. Dell’ingresso in fraternità sia redatto un documento. 2. Da quel giorno il candidato, per quanto riguarda la formazione, la vita e il lavoro, è considerato membro della fraternità in una forma graduale che sarà stabilita dal ministro provinciale con il consenso del definitorio. 3. La formazione iniziale, intesa come inserimento nella nostra fraternità, comprende il postulato, il noviziato e il postnoviziato. 28 1. Il postulato è un periodo della formazione iniziale nel quale si fa la scelta della nostra vita. La durata e le modalità di questo primo periodo vengono determinate dal ministro provinciale con il consenso del definitorio. Durante questo periodo il postulante conosce la nostra vita, mentre la fraternità da parte sua conosce meglio il postulante e può discernere la sua vocazione. 2. La formazione dei postulanti tende soprattutto a completare la catechesi della fede; essa comprende l’introduzione alla liturgia, il metodo della preghiera, lo studio del francescanesimo e una prima esperienza di attività nell’apostolato. Inoltre, vengono accertate e sviluppate la maturità umana, anzitutto quella affettiva, e l’attitudine a discernere i segni dei tempi secondo il Vangelo. 29 1. Il noviziato è un periodo di più intensa iniziazione e di più profonda esperienza della vita evangelica francescano-cappuccina nelle sue esigenze fondamentali; esso suppone una scelta libera e matura della vita religiosa. 2. La direzione dei novizi, sotto l’autorità dei superiori maggiori, è riservata soltanto al maestro, il quale deve essere un frate membro dell’Ordine, professo di voti perpetui. 3. La formazione del novizio ha come fondamento i valori della nostra vita consacrata, conosciuti e vissuti alla luce dell’esempio di Cristo, delle intuizioni evangeliche di san Francesco e delle genuine tradizioni dell’Ordine. 4. Il ritmo del noviziato risponda alle esigenze fondamentali della nostra vita religiosa, specialmente attraverso una particolare esperienza di fede, di preghiera contemplativa, di vita fraterna, di incontro con i poveri e di lavoro. http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (9 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap 5. Perché il noviziato sia valido deve comprendere dodici mesi da vivere nella stessa comunità del noviziato. Il ministro provinciale con il consenso del definitorio ne stabilisce l’inizio e le modalità. 6. L’assenza dalla casa di noviziato per un periodo superiore a tre mesi, continui o interrotti, rende invalido il noviziato. Un’assenza superiore a quindici giorni va ricuperata. Per il resto si osservino con diligenza le norme del diritto universale riguardanti il noviziato. 7. Dell’inizio del noviziato, con il quale comincia la vita nell’Ordine, si rediga un documento. 30 1. Il postnoviziato è un periodo in cui i frati, camminando verso una maggiore maturità, si preparano alla scelta definitiva della nostra vita evangelica da fare mediante la professione perpetua. 2. Dal momento che nella nostra vocazione la vita evangelica fraterna occupa il primo posto, anche durante il postnoviziato le deve essere data la priorità. Per questo si dia a tutti i frati la medesima formazione religiosa per la durata e nelle modalità stabilite dal ministro provinciale con il consenso del definitorio. 3. I frati, in armonia con la propria indole e grazia, si applichino ad uno studio più profondo della Sacra Scrittura, della teologia spirituale, della liturgia, della storia e spiritualità dell’Ordine, ed esercitino varie forme di apostolato e di lavoro anche domestico. Tale formazione poi venga fatta sempre tenendo conto della vita e della maturazione progressiva della persona. ARTICOLO V La professione della nostra vita 31 1. Riflettiamo spesso quanto grande sia la grazia della professione religiosa. 2. Per mezzo di essa infatti, a nuovo e speciale titolo, abbracciamo, a gloria e a servizio di Dio, una vita che ci spinge alla perfezione della carità; e, consacrati al culto divino in modo stabile e più profondo, rappresentiamo Cristo unito da vincolo indissolubile alla Chiesa sua sposa. 3. In questa consacrazione, per ottenere un più abbondante frutto della grazia battesimale, ci obblighiamo a praticare i consigli evangelici secondo la Regola e le Costituzioni. 4. Intendiamo così liberarci dagli impedimenti che ci possono distogliere dalla carità perfetta, dalla libertà spirituale e dalla perfezione del culto divino. 5. Per mezzo della professione infine mentre godiamo di uno speciale dono di Dio nella vita della Chiesa, aiutiamo con la nostra testimonianza la sua missione di salvezza. 6. Esortiamo perciò i frati a prepararsi ad essa con grande diligenza con gli esercizi spirituali, con una intensa vita sacramentale, specialmente eucaristica, e con fervente preghiera. E ciò sia fatto più intensamente e in modo particolare prima della professione perpetua. 32 1. Terminato il noviziato e verificata l’idoneità del novizio, viene emessa, per il tempo da determinarsi dal ministro provinciale in accordo con lo stesso novizio, la professione temporanea dei voti, da rinnovarsi spontaneamente fino alla professione perpetua. Se permane il dubbio sull’idoneità, il ministro provinciale può prorogare il tempo di prova, ma non oltre sei mesi. Se poi il novizio sarà giudicato non idoneo, venga dimesso. 2. Il tempo della prima professione non sia, di per sé, né più breve di tre anni né più lungo di sei; ma, se sembra opportuno, può essere prorogato, in modo tuttavia che il tempo in cui il frate è legato da voti temporanei non superi complessivamente i nove anni. 3. La professione perpetua, se il frate è giudicato idoneo e spontaneamente lo richieda, si emette nel tempo determinato dal ministro provinciale, udito lo stesso profitente, salvo sempre il triennio completo di professione temporanea e mai prima del ventunesimo anno di età già compiuto. Mediante la professione perpetua il candidato è definitivamente incorporato nella Fraternità con tutti i diritti e i doveri, a norma delle Costituzioni. http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (10 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap 4. Compiuto il tempo della professione temporanea, il frate può andarsene; e, per giusti motivi, il competente superiore maggiore, udito il suo consiglio, può escluderlo dall’emettere la professione successiva. 5. Si osservino tutti gli altri prescritti del diritto universale riguardanti la professione, specialmente circa la disposizione dei beni prima della professione temporanea e perpetua. 33 1. Durante il rito della prima professione si consegna l’abito religioso, benché prima siano stati indossati i vestiti del noviziato. Ricordiamo che le vesti che indossiamo devono essere segno tanto della consacrazione a Dio quanto della nostra minorità e fraternità. 2. Rivestiti di Cristo, mite ed umile, dobbiamo essere non dei falsi minori, ma veramente tali nel cuore, nelle parole e nelle opere. 3. I segni di umiltà che i frati presentano esternamente giovano poco alla salvezza delle anime, se i frati stessi non sono animati dallo spirito di umiltà. 4. Perciò, seguendo l’esempio di san Francesco, impegnamoci con tutte le forze ad essere buoni e non soltanto sembrarlo, ad essere coerenti nel parlare e nell’agire, fuori e dentro; e ritenendoci, secondo l’ammonizione della Regola, inferiori a tutti, siamo i primi ad onorare gli altri. 5. Il nostro abito, secondo la Regola e l’uso dell’Ordine, consiste nella tonaca di color castano con il cappuccio, del cingolo e dei sandali o, per giusto motivo, delle scarpe. 6. I frati portino l’abito dell’Ordine come segno della propria consacrazione e come testimonianza di povertà. Per la consuetudine di portare la barba, vale il principio di pluriformità. 34 1. La fraternità locale, nei tempi stabiliti dal ministro provinciale con il consiglio del definitorio, dopo una previa informazione del maestro, dialoghi e rifletta in comune sulla idoneità dei candidati e sul proprio modo di comportarsi con loro. 2. Durante il noviziato e prima della professione perpetua i frati di voti perpetui, che per quattro mesi hanno dimorato in tale comunità, esprimano il loro giudizio anche con voto consultivo, nel modo determinato dal ministro provinciale. 3. Non si tralasci di sentire il parere dei frati di voti temporanei, pur se essi non possano prendere parte alla votazione. 4. Di ciascuna di queste riunioni e dell’esito delle votazioni, se queste ultime hanno avuto luogo, sia mandata relazione al ministro provinciale. 35 1. Sia redatto inoltre il documento della professione emessa, sia temporanea che perpetua ,con l’indicazione dell’età e delle altre circostanze necessarie, firmato dallo stesso professo, da chi ne ha ricevuto la professione e da due testimoni. 2. Questo documento poi, insieme agli altri prescritti dalla Chiesa, sia conservato diligentemente nel l’archivio provinciale; venga annotato anche dal ministro provinciale nel registro delle professioni, da conservarsi in archivio. 3. Trattandosi di professione perpetua, il ministro provinciale ne informi il parroco del luogo dove il professo è stato battezzato. 36 1. Il ministro provinciale e, per mandato speciale, anche gli altri dei quali si è detto al numero 19, hanno la facoltà di dimettere il postulante o il novizio ritenuto non idoneo alla nostra vita. 2. Per un grave motivo che non ammetta dilazione, ha la stessa facoltà sia il maestro dei novizi sia quello dei postulanti, con il consenso però del Consiglio della fraternità. Di ciò deve essere subito informato il ministro provinciale. 3. Il ministro generale con il consenso del definitorio può concedere ad un frate di voti temporanei, se questi lo chieda per gravi motivi, l’indulto di uscire dall’Ordine; ciò comporta, per diritto stesso, la dispensa dai voti e da tutti gli obblighi derivanti dalla professione. 4. In tutto ciò che riguarda il passaggio ad un altro istituto di vita consacrata o ad una associazione di vita apostolica, l’uscita dall’Ordine e la dimissione del frate dopo la professione sia temporanea che perpetua, si osservino i prescritti del diritto universale della Chiesa. http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (11 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap ARTICOLO VI La formazione speciale 37 1. San Francesco nel suo Testamento scrive: “Coloro che non sanno lavorare, imparino ”. 2. Questo richiamo ha per noi un significato sempre nuovo e oggi più urgente che mai. Difficilmente infatti si può svolgere un’attività in modo conveniente senza una formazione specifica ed adeguata. 3. È compito dell’Ordine aiutare ogni frate a sviluppare la sua propria grazia di lavorare. Così i frati, lavorando, si sostengono vicendevolmente nella vocazione e viene incrementata l’armonia della vita fraterna. 4. I singoli frati siano formati, secondo le loro doti, per i compiti e gli uffici che dovranno svolgere. Perciò alcuni imparino i mestieri e le attività pratiche, gli altri si dedichino agli studi pastorali o scientifici, specialmente sacri. 38 1. Tutti i frati però, servendo il Signore da minori, si ricordino che sopra tutte le cose devono desiderare di avere lo spirito del Signore e la sua santa operazione. 2. Procurino perciò i frati, mentre apprendono un’abilità manuale e una solida cultura, di essere competenti nella particolare grazia del lavoro e insieme santi. 3. Si dedichino alla formazione speciale in spirito di abnegazione e di disciplina, secondo le capacità del loro ingegno, affinché, con la promozione della propria persona e lo sviluppo della propria cultura, contribuiscano al bene dell’Ordine, della Chiesa e della società. 4. Gli studi, illuminati e vivificati dalla carità di Cristo, siano del tutto consoni allo stile della nostra vita. 5. Perciò i frati, nell’attendere agli studi, coltivino la mente e il cuore così che, secondo l’intenzione di san Francesco, progrediscano nella vocazione; infatti la formazione a qualsiasi genere di lavoro è parte integrante della nostra vita religiosa. 39 1. I frati che sono chiamati agli ordini sacri devono essere preparati secondo le norme date dalla Chiesa, tenuto presente il carattere della nostra fraternità. Per ricevere gli ordini sacri si richiede il consenso del ministro provinciale e del suo definitorio. 2. Con la stessa sollecitudine, in ciascuna provincia, si provveda alla formazione intellettuale, apostolica e tecnica degli altri frati, secondo gli uffici dei singoli. 3. La formazione nelle discipline filosofiche e teologiche, impartita specialmente secondo la dottrina francescana, tenda con metodo uniforme a rivelare progressivamente alle menti il mistero di Cristo. 4. Nel nostro Ordine apostolico, la sollecitudine pastorale pervada tutto il corso della formazione, così che tutti i frati, ciascuno secondo le proprie capacità, possano annunciare, come discepoli e profeti del nostro Signore Gesù Cristo, con l’opera e con la parola il Regno di Dio, tenendo conto delle necessità pastorali delle regioni e del compito missionario ed ecumenico della Chiesa. 5. I ministri provinciali, con il consenso del definitorio, stabiliscano nelle province alcuni luoghi per provvedere in maniera adeguata alla formazione speciale dei frati; o provvedano diversamente, specialmente con la collaborazione fra le province o tra le famiglie francescane, per quanto le condizioni dei luoghi lo permettono. 6. Se poi i frati, nel periodo della formazione iniziale, secondo le condizioni e le esigenze della regione o della provincia, frequentano centri di formazione fuori dell’Ordine, si deve sempre e accuratamente completare la loro formazione religiosa francescano-cappuccina. 7. I ministri provinciali abbiano cura che i frati idonei siano preparati in modo particolare presso istituti, facoltà e università, nelle scienze sacre e nelle altre http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (12 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap scienze, così pure nelle arti e nelle professioni, come sembrerà opportuno per il servizio della Chiesa e dell’Ordine. 40 1. I formatori siano consapevoli che i frati formandi sono i principali artefici della formazione da acquisire, della quale sono anche i primi responsabili, in fiduciosa collaborazione con gli educatori. 2. Nel metodo di insegnamento, nei colloqui con gli alunni e nel condurre attivamente le esercitazioni, gli educatori procurino che i frati in formazione acquistino una cultura viva e coerente. 3. Nel preparare ed esporre le lezioni usino diligente cura, fedeli al magistero della Chiesa, tengano conto del progresso delle loro discipline e adeguino le lezioni alle sue esigenze. 4. Si raccomanda, infine, che impegnino le loro energie nella ricerca, composizione e pubblicazione di opere scientifiche, specialmente di argomento francescano; a tal fine ad essi e agli altri frati possono essere di aiuto gli Istituti Francescani promossi dall’Ordine. 5. Oltre la biblioteca centrale o regionale, che è vivamente raccomandata, in tutte le nostre case si abbia una biblioteca comune, la quale sia convenientemente fornita secondo le necessità di ciascuna fraternità. L’accesso alle nostre biblioteche, dove è possibile, sia consentito anche agli estranei, osservate tuttavia le debite cautele. ARTICOLO VII La formazione permanente 41 1. La formazione permanente è il processo di rinnovamento personale e comunitario e di conveniente aggiornamento delle strutture, per renderci idonei a vivere sempre la nostra vocazione secondo il Vangelo nella concreta realtà di ogni giorno. 2. La formazione permanente, quantunque riguardi in modo unitario tutta la persona, ha un duplice aspetto: la conversione spirituale mediante un continuo ritorno alle fonti della vita cristiana e allo spirito primitivo dell’Ordine e il loro adattamento ai tempi; e l’aggiornamento culturale e professionale attraverso un adeguamento, per così dire, tecnico alle condizioni dei tempi. Tutto questo favorisce una fedeltà maggiore alla nostra vocazione. 42 1. Il frate che ha concluso il periodo della formazione iniziale, non può ritenersi pienamente preparato per tutta la vita. Per questo tutti i frati sono destinatari della formazione permanente. 2. La formazione permanente non è altro che una realizzazione continua della nostra vocazione. Quindi senza dubbio e al di sopra di tutto è dovere e diritto di tutti i frati curare la propria formazione permanente. 3. Allo stesso tempo la formazione permanente deve essere considerata anche come un dovere ordinario e pastorale dei superiori. 43 1. In ciascuna provincia si emanino norme particolari riguardanti la formazione permanente, secondo la diversità dei luoghi e le condizioni delle persone e dei tempi. 2. Il programma sia organico, dinamico e completo in modo da comprendere, alla luce del Vangelo e dello spirito di fraternità, tutta la vita religiosa. 3. Il modo di vivere quotidiano favorisce molto la formazione permanente. Infatti la prima scuola di formazione è l’esperienza di ogni giorno della vita religiosa nel ritmo normale di preghiera, di riflessione, di convivenza e di lavoro. 4. Inoltre si raccomandano molto i mezzi o aiuti straordinari, cioè le iniziative nuove o rinnovate di formazione permanente, con l’aiuto delle fraternità locali e provinciali, esistenti nell’ambito delle singole province o delle regioni o delle Conferenze dei superiori maggiori. 5. Per favorire lo spirito di fraternità in tutto l’Ordine, per perfezionare la formazione e promuovere la cultura francescana si raccomanda il nostro Collegio internazionale di Roma. 44 1. Ciascun frate s’impegni con slancio a camminare degnamente nella http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (13 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap vocazione francescano-cappuccina, alla quale Dio lo ha chiamato. 2. Perciò sforziamoci tutti di conservare e di perseverare nel dono della vocazione religiosa per il bene nostro e degli altri e di renderlo più sicuro con la cooperazione fedele, con la vigilanza prudente e con la preghiera costante. 3. Guardiamoci anche, fratelli, di non cadere nell’apostasia del cuore, che si ha quando, per tiepidezza, sotto un’apparenza religiosa, si porta un cuore mondano e ci si allontana dallo spirito e dall’amore della propria vocazione, obbedendo allo spirito di superbia e di sensualità di questo mondo. Ma, ricordando il detto dell’apostolo: “Non vogliate conformarvi a questo mondo”, fuggiamo tutto ciò che sa di peccato e snerva la vita religiosa. 4. Adoperiamoci quindi, perché, dopo aver lasciato il mondo, niente altro desideriamo, niente altro vogliamo, niente altro ci diletti, se non seguire lo spirito del Signore e la sua santa operazione, e piacergli sempre, così da essere veramente fratelli e poveri, miti e assetati di santità, misericordiosi e puri di cuore, tali insomma che, attraverso di noi, il mondo possa conoscere la pace e la bontà di Dio. CAPITOLO III LA VITA DI PREGHIERA DEI FRATI 45 1. La preghiera a Dio, come respirazione di amore, nasce dalla mozione dello Spirito Santo, per cui l’uomo interiore si pone in ascolto della voce di Dio che parla al cuore. 2. Dio infatti, che ci ha amato per primo, ci parla in molti modi: in tutte le creature, nei segni dei tempi, nella vita degli uomini, nel nostro cuore e specialmente mediante il suo Verbo nella storia della salvezza. 3. Nella preghiera, rispondendo a Dio che ci parla, raggiungiamo la nostra pienezza in quanto usciamo dall’amor proprio e, in comunione con Dio e con gli uomini, ci trasferiamo in Cristo Uomo-Dio. 4. Cristo stesso, infatti, è la nostra vita,la nostra orazione e la nostra azione. 5. Perciò, allora veramente realizziamo un filiale colloquio con il Padre quando viviamo Cristo e preghiamo nel suo Spirito, che grida nel nostro cuore: Abbà, Padre! 6. Consacrati più intimamente al servizio divino per mezzo dei consigli evangelici, sforziamoci in libertà di spirito di attuare fedelmente e costantemente questa vita di preghiera. 7. Coltiviamo perciò con massimo impegno lo spirito della santa orazione e devozione, al quale tutte le altre cose temporali devono servire, così da essere veri seguaci di san Francesco, che sembrava non tanto uno che prega, quanto uomo fatto preghiera. 8. Desiderando sopra tutte le cose lo spirito del Signore e la sua santa operazione, pregando sempre Dio con cuore puro, offriamo agli uomini la testimonianza di una preghiera autentica, così che tutti vedano e sentano nel nostro aspetto e nella vita delle nostre fraternità la bontà e la benignità di Dio presente nel mondo. 46 1. La nostra preghiera sia l’espressione caratteristica della nostra vocazione di frati minori. 2. Preghiamo veramente come frati quando ci riuniamo nel nome di Cristo, e ci amiamo fra noi; in modo che il Signore sia realmente in mezzo a noi. 3. E preghiamo veramente come minori quando viviamo con Cristo povero ed umile, offrendo al Padre il grido dei poveri nella condivisione effettiva della loro condizione di vita. 4. Come i profeti, i salmisti e lo stesso Cristo ci hanno insegnato, la nostra preghiera non sia fuori della realtà; ma sull’esempio di san Francesco che trovò il Signore nel lebbroso, s’incarni sempre più nelle condizioni di vita, negli eventi della storia, nella religiosità del popolo e nella particolare cultura delle regioni. 5. Così l’orazione e l’azione, ispirate dall’unico e medesimo Spirito del Signore, anziché opporsi tra loro, si completano a vicenda. 6. La preghiera francescana è affettiva, cioè preghiera del cuore, che ci porta http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (14 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap ad una intima esperienza di Dio. Contemplando Dio, sommo bene, da cui ogni altro bene procede, devono erompere dal nostro cuore l’adorazione, il ringraziamento, l’ammirazione e la lode. 7. Vedendo Cristo in tutte le creature, andiamo per il mondo annunciando la pace e la penitenza, invitando tutti alla lode di Dio, come testimoni del suo amore. 47 1. Consacrati mediante il battesimo e la professione religiosa al servizio di Dio, teniamo in massima considerazione la sacra Liturgia, che è l’esercizio dell’ufficio sacerdotale di Cristo, il culmine di ogni azione della Chiesa e la sorgente della vita cristiana. Da questa fonte nutriamo la vita interiore personale e fraterna ed apriamo i suoi tesori ai fedeli. 2. Teniamo perciò in massimo conto il mistero dell’Eucaristia e l ’Ufficio divino, che san Francesco voleva che informassero tutta la vita della fraternità. 3. A questo fine gioverà molto designare nelle fraternità dei frati per la preparazione delle azioni liturgiche, affinché queste si rinnovino sempre più con creatività e spontaneità, nella fedeltà alle norme liturgiche e secondo lo spirito di esse. 4. Quanto al rito, i frati si conformino alle prescrizioni che le competenti autorità ecclesiastiche hanno emanato per la regione dove essi si trovano. 48 1. Partecipiamo con piena ed attiva consapevolezza al sacrificio eucaristico, nel quale celebriamo il mistero pasquale di Gesù Cristo finché egli venga, non ritenendo nulla di noi stessi,affinché ci accolga totalmente colui che totalmente a noi si dona. 2. Per rendere più evidente che, spezzando il pane eucaristico, siamo elevati alla comunione con Cristo e fra noi, nelle nostre fraternità si celebri ogni giorno una messa della comunità. Dove ciò non fosse possibile quotidianamente, si celebri almeno periodicamente e con la partecipazione di tutti i frati. 3. Per manifestare inoltre l’unità del sacrificio, del sacerdozio e della fraternità, è lodevole concelebrare, a meno che non sia necessaria la celebrazione individuale. 4. L’Eucaristia, nella quale sotto le specie consacrate è presente per noi lo stesso Signore Gesù Cristo, sia conservata nei nostri oratori e nelle nostre chiese nel luogo e nel modo più degni possibile. 5. Sull’esempio di san Francesco, veneriamo sopra tutte le cose Gesù Cristo presente nell’Eucaristia; offriamo con lui a Dio Padre noi stessi e le nostre azioni, e dinanzi a lui, centro spirituale della fraternità, fermiamoci frequentemente in devota preghiera. 49 1. Nella celebrazione del sacrificio eucaristico e nelle nostre preghiere, consapevoli dello spirito cattolico di san Francesco, preghiamo Dio per la santa madre Chiesa, per coloro che ci governano, per tutti gli uomini, per la salvezza del mondo intero e in particolare per tutta la famiglia francescana e per i benefattori; e inoltre, con pio sentimento di carità, raccomandiamo a Dio tutti i defunti. 2. Quanto ai suffragi, si stabilisce: alla morte del Romano Pontefice, del ministro generale e di un ex-ministro generale, da ciascuna fraternità si celebri una messa per i defunti. Lo stesso si faccia per i definitori e ex-definitori generali in ogni fraternità del gruppo al quale essi appartenevano. 3. Al Capitolo provinciale spetta stabilire i suffragi per i ministri ed ex-ministri provinciali, per i frati, per i genitori e i benefattori. 4. Ogni anno, dopo la solennità di san Francesco, in ogni nostra fraternità si celebri la commemorazione per tutti i frati e i benefattori defunti. 50 1. La Chiesa, non soltanto con la celebrazione dell’Eucaristia, ma anche in altri modi, specialmente con la celebrazione della Liturgia delle Ore, si associa a Cristo nel canto di lode e nella intercessione supplice, e affida a noi tale incarico. 2. Tutta la fraternità si riunisca quindi ogni giorno, nel nome di Cristo, per la celebrazione comunitaria della Liturgia delle Ore. Quando questo non può http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (15 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap essere fatto integralmente, si celebrino in comune almeno le Lodi e i Vespri. 3. Raccomandiamo, inoltre, che i frati facciano lo stesso ovunque siano o si trovino, e che, secondo le circostanze dei luoghi, si celebri la Liturgia delle Ore con i fedeli. 4. Il Capitolo locale, con l’approvazione del superiore maggiore, disponga l’orario della casa e del lavoro in modo che il corso del giorno sia consacrato dalla lode di Dio, tenendo anche conto delle particolari circostanze delle persone, dei tempi e delle culture. 5. Coloro che non possono celebrare comunitariamente la Liturgia delle Ore, si ricordino che anche nella recita privata si uniscono spiritualmente a tutta la Chiesa e specialmente ai fratelli; con questa stessa profonda intenzione preghino quei frati che dicono l’ufficio dei Pater noster, secondo la Regola. 51 1. Nella Liturgia delle Ore parliamo a Dio con le sue parole tratte dalla Scrittura e Dio stesso viene incontro a noi con la sua parola e ci parla. 2. Affinché la parola di Dio penetri più profondamente nei nostri cuori e informi più efficacemente tutta la nostra vita, la Liturgia delle Ore sia viva ed attiva, preferibilmente con intervalli di silenzio, che molto contribuiscono ad una consapevole e proficua celebrazione. 3. A imitazione di san Francesco, che spesso esprimeva i suoi affetti con il canto e la musica, le azioni liturgiche, almeno nei giorni festivi, siano celebrate, per quanto possibile, con il canto. 4. I frati facciano attenzione non tanto all’espressione melodica della voce quanto piuttosto alla partecipazione interiore, affinché la voce concordi con la mente e la mente con Dio. 52 1. Custodiamo e promoviamo quello spirito contemplativo che risplende nella vita di san Francesco e dei nostri antichi frati. Dedichiamo quindi ad esso un più ampio spazio curando l’orazione mentale. 2. L’autentica orazione mentale ci conduce allo spirito di vera adorazione, ci unisce intimamente a Cristo e accresce di continuo nella vita spirituale l’efficacia della sacra Liturgia. 3. E perché non si affievolisca mai lo spirito di preghiera, ma sempre più si accenda in noi, dobbiamo dedicarci ogni giorno della nostra vita a questo esercizio. 4. I superiori e gli altri, ai quali è affidata la cura della vita spirituale, si adoperino perché tutti i frati progrediscano nella conoscenza e nella pratica dell’orazione mentale. 5. I frati poi attingano alle fonti genuine della spiritualità cristiana e francescana lo spirito di preghiera e la preghiera stessa, per potere apprendere la sublime conoscenza di Gesù Cristo. 6. L’orazione mentale è maestra spirituale dei frati, i quali, se sono veri e spirituali frati minori, pregano sempre interiormente. Pregare infatti altro non è che parlare a Dio con il cuore; e, in realtà, non prega chi parla a Dio soltanto con la bocca. Ognuno perciò si sforzi di attendere all’orazione mentale o contemplazione e, secondo l’insegnamento di Cristo, ottimo maestro, di adorare l’eterno Padre in spirito e verità, adoperandosi con sollecita cura di illuminare la mente e infiammare il cuore, più che di formulare parole. 53 1. Il primato dello spirito e della vita di preghiera sia messo pienamente in atto sia dalle fraternità sia dai singoli frati, dovunque essi si trovino, come è richiesto dalle parole e dall’esempio di san Francesco e dall’autentica tradizione cappuccina. 2. È della massima importanza formare la coscienza alla necessità vitale della preghiera personale. Ogni frate, dovunque si trovi, si procuri ogni giorno il tempo occorrente, per esempio un’ora intera, per l’orazione mentale. 3. I Capitoli provinciali e locali provvedano che tutti i frati abbiano il tempo necessario per l’orazione mentale da farsi sia in comune che in privato. 4. La fraternità locale nei Capitoli si interroghi sulla preghiera comunitaria e personale dei frati. I frati, e per il loro ufficio pastorale prima di tutto i superiori, si sentano responsabili della reciproca animazione della vita di preghiera. http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (16 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap 5. Come discepoli di Cristo, benché poveri e fragili, rimaniamo costantemente fedeli alla preghiera, in modo che coloro che cercano sinceramente il Signore, si sentano invitati a pregare con noi. 6. Con grande impegno coltiviamo e promoviamo nel popolo di Dio lo spirito di preghiera soprattutto interiore, perché questo, fin dall’inizio, fu carisma della nostra Fraternità di Cappuccini e, come testimonia la storia, germe di genuino rinnovamento. 54 1. Nella preghiera, come figli di Dio, lasciamoci condurre dallo Spirito Santo, affinché ci faccia crescere ogni giorno nella comunione con il Padre e con i fratelli. 2. Nello spirito del santo Vangelo veneriamo e predichiamo ai fedeli in modo speciale i misteri dell’umanità di Cristo, particolarmente del Natale e della Passione, nei quali san Francesco ammirava l’amore e l’umiltà del Signore. 3. Veneriamo con singolare devozione, specialmente con il culto liturgico e il rosario, Maria Madre di Dio e Vergine concepita senza peccato, figlia e serva del Padre, madre del Figlio e sposa dello Spirito Santo, fatta Chiesa, secondo l’espressione di san Francesco, e promoviamo la sua devozione tra il popolo. Lei infatti è nostra madre e avvocata, patrona del nostro Ordine, partecipe della povertà e della passione di suo Figlio, e, come testimonia l’esperienza, via per fare nostro lo spirito di Cristo povero e crocifisso. 4. Allo stesso tempo veneriamo piamente, secondo l’antica tradizione, san Giuseppe, suo sposo. 5. Coltiviamo e promoviamo, secondo le consuetudini locali, la devozione al santo Padre Francesco, modello dei minori, e ai santi, specialmente nostri, facendo però attenzione che tale venerazione sia sempre conforme allo spirito della sacra Liturgia. 55 1. Al fine di un continuo rinnovamento della nostra vita religiosa, tutti i frati ogni anno facciano gli esercizi spirituali. Si abbiano anche altri periodi di ritiro, che alle volte lodevolmente vengano organizzati in modo diverso, tenuto conto della diversità degli uffici. 2. A questo fine i superiori predispongano il tempo necessario e l’opportunità per ognuno, anche per chi vive fuori convento. 56 1. Ogni fraternità deve essere veramente una fraternità che prega. A questo scopo giova promuovere, secondo la multiforme grazia di Dio, nelle province e nelle regioni, fraternità di ritiro e di contemplazione, nelle quali i frati possano dedicarsi per un certo tempo, come Dio concederà loro, alle cose dello spirito e alla vita di preghiera. 2. Questi frati, in comunione con la fraternità provinciale, tengano presente ciò che san Francesco scrisse per quelli che vogliono vivere piamente negli eremi. 3. Spetta al Capitolo provinciale o alla Conferenza dei superiori maggiori decidere circa l’opportunità di tali fraternità e provvedere alla loro regola di vita. 57 1. Il silenzio, che è custode fedele della vita interiore ed è richiesto dalla carità della vita in comune, venga tenuto in grande stima in tutte le nostre fraternità per custodire la vita di preghiera, di studio e di riflessione. 2. È compito del Capitolo locale assicurare nelle nostre fraternità il clima di preghiera e di raccoglimento, tenendo lontano tutto ciò che lo può ostacolare. 58 1. La lettura della Sacra Scrittura e di altri libri spirituali è mezzo efficace per nutrire la vera devozione e favorire l’esperienza di Dio. I singoli frati siano fedeli nel dedicare un tempo sufficiente a questa lettura. 2. Per avere sempre davanti agli occhi la via e la vita che abbiamo promesso, in ogni provincia si diano norme per la lettura pubblica della Sacra Scrittura, della Regola, del Testamento e delle Costituzioni, e per la rinnovazione della professione in comune. CAPITOLO IV http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (17 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap LA NOSTRA VITA IN POVERTÀ ARTICOLO I Il nostro impegno di povertà 59 1. Gesù Cristo, Figlio di Dio, che tutto riceve dal Padre e in tutto è in perfetta comunione con il Padre nello Spirito, fu mandato ad evangelizzare i poveri. Lui, che era ricco, si è fatto povero per noi e simile agli uomini, affinché per mezzo della sua povertà noi diventassimo ricchi. 2. Dalla nascita nel presepio alla morte sulla croce amò i poveri e si offrì come esempio ai suoi discepoli di come il Padre li ama e li cerca. 3. La Chiesa, specialmente nei religiosi, riconosce la povertà volontaria come segno della sequela di Cristo e propone san Francesco come immagine profetica della povertà evangelica. 4. Con la nostra povertà scelta per il Regno di Dio partecipiamo alla relazione filiale di Cristo con il Padre e alla sua condizione di fratello e di servo in mezzo agli uomini. 5. La povertà evangelica richiede che siamo disponibili nell’amore, conformi a Cristo povero e crocifisso che è venuto per servire, e ci spinge alla solidarietà con i piccoli di questo mondo. 6. Non consideriamo nostra proprietà i doni di natura e di grazia che abbiamo ricevuto, ma sforziamoci di metterli completamente a profitto del popolo di Dio. 7. Usiamo dei beni temporali con gratitudine, condividiamoli con i bisognosi e nello stesso tempo offriamo la testimonianza del retto uso delle cose agli uomini che avidamente le desiderano. 8. Ai poveri annunceremo effettivamente che Dio stesso è con loro nella misura in cui saremo partecipi della loro condizione. 60 1. Poiché la povertà evangelica è un impegno molto importante della nostra forma di vita, nei Capitoli sia generali che provinciali e locali, prendiamo decisioni sul modo di osservarla sempre più fedelmente con forme compatibili con il variare dei tempi e perciò sempre da riformare. 2. Nei Capitoli si tratti in modo particolare dell’uso sociale dei beni affidati alle fraternità, sia del denaro come delle case e dei terreni, per impiegarli volentieri a vantaggio degli altri. 3. Infatti perché la nostra povertà individuale e comunitaria sia autentica, deve essere manifestazione della povertà interiore, e tale perciò da non avere bisogno di interpretazione. 4. La povertà esige un tenore di vita sobrio e semplice, nel vestito, nel cibo, nelle abitazioni, e la rinuncia ad ogni forma di potere sociale, politico o ecclesiastico. 5. Viviamo in consapevole solidarietà con gli innumerevoli poveri del mondo e con la nostra attività apostolica induciamo il popolo, specialmente i cristiani, ad opere di giustizia e di carità a favore del progresso dei popoli. 6. Sono da lodare quelli che in particolari situazioni dell’ambiente, vivendo con i poveri e partecipando alle loro condizioni e aspirazioni, li spingono all’evoluzione sociale e culturale e alla speranza dei beni eterni. 61 1. Pratichiamo la vita comune e condividiamo volentieri tra noi le cose date ai singoli. 2. Tutti i beni, compresi stipendi, pensioni, sovvenzioni, assicurazioni che in qualunque modo ci pervengono, siano consegnati ad uso della fraternità, così che i singoli ricevano da essa il medesimo vitto, vestito e le altre cose necessarie. 3. I superiori siano per i frati luminoso esempio nella custodia della povertà e ne promuovano presso di loro l’osservanza. ARTICOLO II La povertà riguardo ai beni e al denaro http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (18 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap 62 1. Osserviamo la povertà che abbiamo promesso, memori delle intenzioni e delle parole di san Francesco: “I frati non si approprino di nulla, né casa, né luogo, né alcun’altra cosa ”. 2. Perciò, come pellegrini e forestieri in questo mondo, mentre siamo in cammino verso la terra dei viventi, serviamo il Signore in povertà ed umiltà. 3. Serviamoci dei beni temporali per le necessità della vita, dell’apostolato, della carità, soprattutto a vantaggio dei poveri. 4. I superiori, personalmente o per mezzo di altri, possono porre gli atti civili relativi ai beni temporali, se e in quanto ciò sia necessario per i frati o per le attività a noi affidate. 5. I superiori maggiori designino le persone fisiche o giuridiche, a nome delle quali vengano registrati davanti alla legge civile i beni a noi affidati. 63 1. Come figli dell’eterno Padre, allontanata ogni ansiosa preoccupazione, riponiamo la nostra fiducia nella Provvidenza divina e affidiamoci alla sua bontà infinita. 2. Non accumuliamo quindi quantità eccessiva di beni materiali, nemmeno di quelli necessari al vitto. 3. Procuriamo, soprattutto con il nostro lavoro, i mezzi e i sussidi necessari alla vita e all’apostolato. 4. E se questi ci venissero a mancare, andiamo con fiducia alla mensa del Signore, secondo le disposizioni della Chiesa universale e locale; in modo tale, però, che, mentre chiediamo agli uomini l’elemosina, diamo loro testimonianza della povertà, della fraternità e della letizia francescana. 64 1. San Francesco, secondo il suo stesso carisma di povertà e di minorità nella Chiesa, comandò ai suoi di non accettare il denaro in nessun modo, perché segno di ricchezza, pericolo di avarizia e strumento di potere e di dominio nel mondo. 2. Ma poiché, per le mutate condizioni dei tempi, l’uso del denaro si è reso indispensabile, i frati, volendo compiere la volontà del Padre, usino il denaro solo come mezzo ordinario di scambio e di vita sociale necessario anche ai poveri, e a norma delle Costituzioni. 65 1. I superiori che, in forza dell’ufficio, hanno il dovere di provvedere premurosamente alle necessità dei frati, usino il denaro per le necessità della vita e per le opere dell’apostolato e della carità. 2. Per le stesse ragioni, anche gli altri frati, con il permesso del superiore, possono usare il denaro, con l’obbligo di renderne conto. 3. Per tutti, tuttavia, sia per i superiori che per gli altri frati, l’uso del denaro deve essere sempre tale che non vada oltre il modo di usarlo di coloro che sono veramente poveri. 4. Per rimanere fedeli alla povertà i frati non si rivolgano senza permesso agli amici, ai genitori e ai congiunti con la richiesta di denaro o di altre cose. 66 1. I superiori, secondo le norme emanate dal ministro provinciale con il consenso del definitorio, possono ricorrere alle assicurazioni o ad altre forme di previdenza sociale, dove tali istituzioni sociali sono richieste o dalla pubblica autorità, sia ecclesiastica che civile, per tutti o per alcune categorie, oppure se vi ricorrono comunemente i poveri di quella regione. 2. Evitino però accuratamente quelle assicurazioni che nel luogo dove essi dimorano sono considerate di lusso o sanno di speculazione finanziaria. 3. È tuttavia opportuno che essi, come fa la gente di modeste condizioni, depositino il denaro veramente necessario presso banche o altri simili istituti, anche con interesse limitato. 4. Non ricevano però fondazioni, legati perpetui ed eredità con diritti e oneri perpetui. 67 1. I frati, con la loro vita di povertà volontaria, mostrino agli uomini di essere liberi dalla cupidigia, radice di tutti i mali, e dall’ansiosa preoccupazione del domani. http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (19 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap 2. Perciò i superiori nell’uso del denaro evitino ogni accumulo e speculazione, salvo un piccolo margine di sicurezza. 3. Nell’uso dei beni in genere, anche del denaro, le province, le fraternità e i frati seguano questo criterio preciso e pratico: il minimo necessario, e non il massimo consentito. 4. Per non diventare figli degeneri di san Francesco conservando per noi ingiustamente le cose, i beni che non sono necessari ad una fraternità vengano consegnati ai superiori maggiori per le necessità della circoscrizione o ai poveri o per il progresso dei popoli, secondo le norme fissate dal Capitolo provinciale. Su questo argomento si faccia spesso una comune riflessione nel Capitolo locale. 5. I frati nel Capitolo locale, secondo lo spirito delle Costituzioni, riflettano sul retto uso dei beni riguardo alle ricreazioni, alla quantità del vestiario, ai doni di carattere personale, ai viaggi e simili. 6. In caso di bisogno le singole fraternità della stessa area come anche le province dell’Ordine siano pronte a condividere tra loro e con gli altri i beni anche necessari. 7. Spetta al ministro generale, con il consenso del definitorio, disporre dei beni superflui delle province. 8. Nei contratti e nelle alienazioni si osservino con esattezza le altre norme del diritto universale. ARTICOLO III La povertà nelle nostre abitazioni 68 1. Dobbiamo vivere in abitazioni modeste e povere, dimorandovi sempre come pellegrini e forestieri. 2. Nello scegliere il luogo per una nuova casa, si tengano presenti la nostra vita di povertà, il bene spirituale dei frati e le esigenze delle varie attività che vi si dovranno svolgere. Tali abitazioni siano strutturate in modo da non apparire inaccessibili ad alcuno, specialmente alla gente di più umile condizione. 3. Le case siano tuttavia rispondenti alle necessità e agli impegni della fraternità e di aiuto alla preghiera, al lavoro e alla vita fraterna. 69 1. Spetta al ministro provinciale con il consenso del definitorio,osservate le norme del diritto, costruire, acquistare e vendere le nostre case. 2. Ultimata la costruzione, il superiore locale non costruisca e non demolisca nulla e non faccia ampliamenti agli edifici, senza consultare il Capitolo locale, senza il consenso dei consiglieri e il permesso del superiore maggiore. 3. Il superiore locale, ottenuto nei casi di maggiore importanza il consenso dei consiglieri, provveda con cura alla manutenzione della casa e alla conservazione delle cose. 70 1. Le chiese siano semplici, decorose e pulite. 2. Si abbia diligente cura che siano adatte alle celebrazioni liturgiche e alla partecipazione attiva dei fedeli. 3. Le sacrestie devono essere adeguate e sufficientemente provviste di suppellettile sacra. 4. Tutto ciò che serve al culto sia decoroso e conforme alle norme liturgiche, senza offendere la povertà e la semplicità. ARTICOLO IV L’amministrazione dei beni 71 1. Per l’amministrazione del denaro e degli altri beni, nella curia generale e in quelle provinciali, ci siano degli economi nominati dal rispettivo superiore maggiore con il consenso del definitorio. 2. Anche nelle singole case ci siano degli economi locali, nominati dal ministro provinciale con il consenso del definitorio. Questo ufficio, nelle case più grandi, sia ordinariamente distinto da quello di superiore. 3. Gli economi siano veramente esperti e compiano il loro ufficio sotto la http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (20 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap direzione e la vigilanza del proprio superiore, a norma del diritto e secondo le disposizioni del definitorio. 4. Tutti gli economi, gli amministratori e i superiori locali, nel tempo e nel modo stabiliti dai superiori maggiori, rendano esatto conto dell’amministrazione agli stessi superiori, ai consiglieri locali e al Capitolo locale. 5. In occasione della relazione triennale, i ministri provinciali, con un documento firmato dal definitorio, rendano fedele conto al ministro generale della situazione economica della provincia, affinché si possa opportunamente provvedere alle necessità e vigilare efficacemente sull’osservanza della povertà. 6. Anche il viceprovinciale e il superiore regolare presentino la relazione economica al loro superiore maggiore, firmata, se si può fare agevolmente, dai consiglieri. 7. Il ministro generale dia relazione dello stato economico dell’Ordine al Capitolo generale, nel modo da stabilirsi dal Capitolo stesso. 8. Lo stesso facciano i superiori maggiori nei loro rispettivi Capitoli. 9. L’amministrazione dei beni, per quanto è possibile, sia affidata ai laici, specialmente quando si tratta di opere sociali e caritative, nelle quali i frati abbiano soltanto la direzione spirituale. 10. Nell’amministrazione dei beni si osservino scrupolosamente le norme del diritto universale. 72 1. Nelle province e viceprovince si raccomanda di costituire una o più commissioni economiche, il cui compito sarà di dare consigli nell’amministrazione dei beni, nella costruzione, manutenzione e alienazione delle case. 2. Tali commissioni sono istituite dal Capitolo, il quale ne determina anche la competenza. Ma i loro membri, che in parte possono essere laici, sono nominati dal superiore maggiore con il consenso del Consiglio. 73 1. Consultati i superiori maggiori o, se occorre, le Conferenze dei superiori maggiori, il ministro generale con il consenso del definitorio stabilisca, secondo il diverso valore delle monete, il limite oltre il quale i superiori maggiori sono tenuti a chiedere il consenso del Consiglio o il permesso del superiore, da darsi per iscritto, per contrarre validamente obbligazioni, per alienare beni e per fare spese straordinarie. 2. Il superiore maggiore, con il consenso del Consiglio, si comporti allo stesso modo, con le dovute differenze, riguardo ai superiori locali della propria circoscrizione. 3. Vengono considerate straordinarie quelle spese che non sono necessarie né al superiore maggiore per esercitare il suo ufficio o per il servizio ordinario dei frati, né al superiore locale per quelle cose che non riguardano la cura ordinaria della fraternità a lui affidata. 74 1. Chiamati alla vita evangelica della povertà, abituiamoci a soffrire privazioni sull’esempio di Cristo e memori di san Francesco, che volle essere così povero da affidarsi, spoglio di tutte le cose e libero dai legami del cuore, al Padre che si prende cura di noi. 2. E non vogliamo essere nel numero dei falsi poveri, che amano essere poveri a condizione però che non manchi loro nulla. 3. Riflettiamo che la povertà evangelica e la sua perfezione consistono principalmente nella piena disponibilità verso Dio e verso gli uomini. 4. Non attacchiamoci perciò con affetto disordinato ai beni terreni, ma, a gloria di Dio e a profitto dei suoi figli, usiamo di questo mondo come se non ne usassimo. CAPITOLO V IL NOSTRO MODO DI LAVORARE 75 1. Dio Padre, che sempre opera, ci chiama a cooperare al perfezionamento di quanto ha creato e insieme allo sviluppo della nostra personalità mediante la http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (21 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap grazia del lavoro, in virtù del quale viviamo uniti ai fratelli e promoviamo il miglioramento della società. 2. Gesù Cristo ha conferito una dignità nuova al lavoro e lo ha elevato a strumento di salvezza universale sia lavorando con le proprie mani sia alleviando la miseria umana sia proclamando il messaggio del Padre. 3. San Francesco ha esortato i suoi frati a lavorare fedelmente e devotamente e col suo esempio ha testimoniato la dignità del lavoro ed ha partecipato, anche in questo, alla condizione di vita degli uomini. 4. Come suoi fedeli seguaci, secondo la primitiva tradizione dei cappuccini e da veri minori, vicini alla condizione di molti operai, dedichiamoci ogni giorno con animo lieto al lavoro a lode di Dio. Fuggiamo l’ozio e offriamo un servizio, in spirito di solidarietà ai fratelli e agli altri uomini. 76 1. Il lavoro è il mezzo fondamentale per il nostro sostentamento e per l’esercizio della carità verso gli altri uomini, specialmente quando condividiamo con loro il frutto del nostro lavoro. 2. Il lavoro dei singoli frati sia espressione di tutta la fraternità. Ciascuno, secondo le capacità dategli da Dio e l’età e la salute, impieghi con gioia tutte le proprie forze, tenendo conto delle necessità della fraternità. 3. Si guardino i frati di fare del lavoro il loro primo obbiettivo o di porvi un attaccamento disordinato, per non impedire lo spirito di orazione e di devozione, al quale tutte le altre cose temporali devono servire. 4. Evitino perciò l’eccessiva attività, che tra l’altro ostacola anche la formazione permanente. 77 1. Sono molte le attività, che, in maniera diversa, si addicono a ciascuno di noi, secondo le attitudini di ognuno e i doni particolari di Dio. 2. Assumiamo quei servizi e ministeri che più convengono alla vita della nostra fraternità o che sono richiesti dalle necessità della Chiesa e degli uomini. 3. A noi si addicono in modo tutto particolare le attività che più chiaramente manifestano la povertà, l’umiltà e la fraternità; non consideriamo infatti alcun lavoro meno dignitoso di un altro. 4. Per rendere più fruttuosa per noi e per gli altri la grazia del lavoro, procuriamo, nella varietà dei servizi, di conservare l’indole comunitaria, pronti ad aiutarci reciprocamente, mentre lavoriamo insieme, progredendo così anche nella conversione del cuore. 5. D’altra parte, non dimentichiamo mai la nostra vocazione apostolica, affinché in ogni nostra attività diamo agli uomini testimonianza di Cristo. 78 1. I frati, ciascuno nel proprio incarico ed ufficio, si impegnino a perfezionare per tutta la vita la cultura spirituale, dottrinale e tecnica, e a coltivare le proprie doti, così che il nostro Ordine possa sempre rispondere alla sua vocazione nella Chiesa. Pertanto l’impegno intellettuale, come ogni altro lavoro, è da considerarsi come espressione della personalità di ciascuno nel suo sviluppo vitale. 2. Secondo la primitiva tradizione dell’Ordine, i frati siano disposti al lavoro manuale, qualora la carità o l’obbedienza lo richiedano, nel rispetto dei compiti propri di ciascuno. 3. I superiori, tenendo presenti i doni e le doti dei singoli frati, l’utilità della fraternità e della Chiesa, offrano loro l’opportunità, per quanto è possibile, di conseguire specializzazioni in settori particolari, fornendo volentieri tempo e mezzi a questo scopo. 4. Nell’assegnare gli uffici e gli incarichi, per il bene della Chiesa, dell’Ordine e dei frati stessi, i superiori tengano presenti le attitudini e le competenze dei singoli e non li distolgano facilmente dalle attività nelle quali sono esperti. 79 1. Secondo le diverse condizioni delle province e in conformità alle norme date dal ministro provinciale con il consenso del definitorio o dalla Conferenza dei superiori maggiori nonché dal Vescovo diocesano, i frati possono lavorare anche presso gli estranei all’Ordine, se lo richiede lo zelo delle anime e il desiderio di venire incontro alle necessità nostre e degli altri. 2. Resti sempre fermo che i frati che lavorano fuori devono vivere in http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (22 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap comunione sia tra di loro che con gli altri frati. 3. Offrano poi a tutti la testimonianza evangelica e rendano visibile la carità di Cristo, soccorrano i bisognosi senza mai coinvolgersi imprudentemente in attività non conformi al nostro stato. 80 1. Tutto ciò che i frati ricevono in compenso del lavoro prestato appartiene alla fraternità e deve essere pertanto consegnato integralmente al superiore. Ma il lavoro dei frati non sia valutato soltanto dalla retribuzione ottenuta. 2. I frati non si dedichino ad attività che suscitano bramosia di guadagno o vanagloria personale, contrarie allo spirito di povertà e di umiltà. 3. Anzi, siano sempre disposti a lavorare anche gratuitamente tutte le volte che la carità lo richieda o lo consigli. 81 1. I frati godano ogni giorno di una conveniente ricreazione per favorire la convivenza fraterna e per ritemprare le forze; e a tutti sia concesso un po’ di tempo libero da dedicare a se stessi. 2. Secondo le consuetudini e le possibilità locali, si diano ai frati ricreazioni particolari e un certo tempo di ferie; tali periodi di riposo e vacanze si svolgano in modo conveniente alla nostra condizione di frati minori. 82 1. L’apostolo Paolo ammonisce: “Finché abbiamo tempo, operiamo il bene verso tutti ”. 2. Sapendo perciò che la nostra salvezza dipende da occasioni favorevoli che non tornano più, e che gli uomini e le comunità non progrediscono che con il passare del tempo, corrispondiamo con spirito vigile a Dio che ci viene incontro con il tempo. 3. Per non perdere questo tempo favorevole o usarlo in modo inutile, le nostre attività e i nostri impegni rispondano alle condizioni del tempo in cui viviamo, con saggia previsione e programmazione del futuro, servendoci anche degli strumenti tecnici moderni. 4. Impieghiamo in convenienti occupazioni intellettuali e fisiche il nostro tempo libero, che si rivelerà in modo particolare prezioso se con l’uso di mezzi appropriati riusciremo gradualmente a conoscere meglio il modo di pensare e di sentire della gente del nostro tempo. Così con il nostro lavoro collaboreremo più efficacemente all’animazione cristiana del mondo. CAPITOLO VI LA NOSTRA VITA IN FRATERNITÀ 83 1. Gesù Cristo, primogenito tra molti fratelli, fa del genere umano una vera fraternità. 2. È presente come vincolo di unità in mezzo a coloro che si riuniscono nel suo nome. 3. La Chiesa, come comunità di tutti i credenti, favorisce quegli istituti i cui membri formano una convivenza fraterna in comunione di vita e di carità. 4. Così non solo la dignità umana dei figli di Dio progredisce nella libertà, ma si accresce anche l’efficacia apostolica. 5. San Francesco, ispirato da Dio, diede origine ad una forma di vita evangelica, che chiamò fraternità, sull’esempio della vita di Cristo e dei suoi discepoli. 6. Perciò noi, professando questa forma di vita, costituiamo veramente un Ordine di fratelli. 7. Pertanto uniti dalla fede in Dio Padre nostro, nutriti alla mensa della divina parola e dell’Eucaristia, ci amiamo vicendevolmente, perché il mondo possa riconoscere in noi i discepoli di Cristo. ARTICOLO I L’impegno alla vita fraterna 84 1. Come fratelli dati gli uni agli altri dal Signore e dotati di doni diversi, http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (23 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap accogliamoci a vicenda con animo riconoscente. Perciò, dovunque viviamo, riuniti nel nome di Gesù, siamo un cuor solo e un’anima sola, nello sforzo costante verso una maggiore perfezione. Come veri discepoli di Cristo, amiamoci vicendevolmente con tutto il cuore, portando i difetti e i pesi gli uni degli altri, esercitandoci incessantemente nell’amore di Dio e nella carità fraterna, procurando di essere esempio di virtù fra noi e per tutti, e facendo violenza alle nostre passioni e cattive inclinazioni. 2. Coltiviamo il dialogo fra di noi, comunicandoci con confidenza le nostre esperienze e manifestandoci le nostre necessità. Inoltre ci pervada tutti lo spirito di comprensione fraterna e di stima sincera. Particolare impegno si abbia per il Capitolo locale, che è strumento privilegiato per promuovere e manifestare la crescita e l ’indole della nostra vita nella comunione fraterna. In esso bene si esprime l’obbedienza caritativa, che caratterizza la nostra fraternità. Grazie ad essa i frati sono a servizio l’uno dell’altro, si stimola la creatività di tutti e i doni di ciascuno sono a vantaggio di tutti. 3. A motivo della stessa vocazione i frati sono tutti uguali. Perciò secondo la Regola, il Testamento e la primitiva consuetudine dei cappuccini, chiamiamoci tutti, senza distinzione, fratelli. 4. La precedenza, necessaria per il servizio della fraternità, dipende dai compiti ed uffici che attualmente si esercitano. 5. Pertanto, nell’ambito dell’Ordine, della provincia e della fraternità locale, tutti gli uffici e i servizi devono essere accessibili a tutti i frati, tenuto conto tuttavia degli atti che richiedono l’ordine sacro. 6. Tutti, secondo i doni dati a ciascuno, si aiutino vicendevolmente anche nei servizi che si devono svolgere quotidianamente nelle nostre case. 85 1. Si abbia cura che nelle nostre fraternità la differenza di età aiuti la concordia degli animi e la mutua integrazione. 2. Ai frati anziani si manifestino segni di una carità premurosa e riconoscente. 3. I giovani abbiano nella dovuta stima i frati di età più matura e si giovino volentieri della loro esperienza. 4. Gli anziani, da parte loro, accolgano le nuove e sane forme di vita e di attività; e gli uni e gli altri si comunichino le proprie ricchezze. 86 1. Se un frate si ammala, il superiore provveda subito con fraterna carità tutte le cose necessarie al corpo e all’anima, secondo l’esempio e l’ammonizione di san Francesco, e affidi l’infermo alle cure di un frate idoneo e, se il caso lo richiede, anche del medico. 2. L’infermeria sia situata in una parte conveniente della casa, anche fuori clausura. 3. Nelle province, quando si ritiene utile, si abbia una infermeria provinciale. 4. Ogni frate, considerando che nell’infermo è presente la persona di Cristo sofferente, rifletta che cosa vorrebbe che gli si facesse in caso di infermità, e ricordi pure ciò che san Francesco scrisse nella Regola, che cioè nessuna madre è così tenera e premurosa verso il proprio figlio, quanto ciascuno di noi deve esserlo verso il suo fratello spirituale. 5. Ciascuno s’impegni dunque ad aver cura del fratello infermo, a visitarlo volentieri e a confortarlo fraternamente. 6. Il superiore visiti spesso e fraternamente i malati, e non trascuri di sollevare spiritualmente l’animo dell’infermo, personalmente o per mezzo di altri e, se lo vedrà colpito da grave malattia, lo avverta con prudenza della sua condizione e lo disponga a ricevere i sacramenti. 87 1. I frati infermi si ricordino della nostra condizione di frati minori. 2. Lascino la cura di se stessi al medico e a coloro che li assistono, per non violare la santa povertà con danno della propria anima, ma di tutto ringrazino il Signore. 3. Ricordino che essi, mediante le tribolazioni della malattia e dell’infermità liberamente accettate, sono invitati,secondo la loro vocazione, ad una più completa conformità con Cristo sofferente, e procurino di sperimentare, con pio sentimento, in se stessi una piccola parte dei suoi dolori. Imitino Francesco, che lodava il Signore per coloro che sostengono in pace le infermità e le tribolazioni, secondo la sua santissima volontà. Ricordino anche http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (24 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap che essi, completando nella loro carne ciò che manca alla passione di Cristo redentore, possono contribuire alla salvezza del popolo di Dio, all’evangelizzazione di tutto il mondo e a rafforzare la vita fraterna. 88 1. I superiori promuovano costantemente la vita comune. 2. Nel costituire le fraternità, nelle case nostre come nelle abitazioni in affitto, tengano presenti l’indole personale dei frati e le necessità della vita e dell’apostolato, promuovendo così il lavoro in comune. 3. Pur essendo favorevoli a che le nostre case o abitazioni siano accessibili, tuttavia l’ingresso degli estranei sia regolato con prudenza e discrezione in modo da conservare l’atmosfera propizia all’intimità, alla preghiera e allo studio. 4. Per salvaguardare la vita religiosa, nelle nostre case si osservi la clausura o un ambito riservato solo ai frati. 5. Dove poi per circostanze particolari non si può osservare la clausura, il superiore maggiore con il consenso del Consiglio provvederà con norme adatte alle situazioni locali. 6. Spetta al superiore maggiore definire accuratamente o, per legittimi motivi, mutare i limiti della clausura e sospenderla provvisoriamente. 7. In casi urgenti e ad modum actus il superiore locale può dispensare da essa. 8. Per favorire la quiete richiesta per la preghiera e lo studio, coloro che vengono alle nostre case ordinariamente siano ricevuti nei parlatori; e questi siano disposti secondo le regole della semplicità, della prudenza e dell’ospitalità. 89 1. Tuttavia le nostre fraternità non limitino la loro carità solo tra le pareti domestiche, ma si aprano piuttosto con sollecitudine evangelica alle necessità della gente, secondo la finalità particolare di ciascuna casa. 2. Possono essere ammessi nella fraternità i laici che desiderano partecipare più strettamente alla nostra vita sia nella preghiera che nella convivenza fraterna e nell’apostolato. 3. Se si tratta di una partecipazione temporanea si abbia il consenso del Capitolo locale; se invece si tratta di una partecipazione protratta nel tempo, è richiesto anche il consenso del superiore maggiore. 4. Il superiore maggiore, con il consenso del Consiglio, può ammettere tra noi dei laici in qualità di familiari oblati perpetui. Prima, però, è necessario stipulare una convenzione sui reciproci diritti e doveri. 90 1. La fraternità stessa, attraverso la riflessione comunitaria sotto la guida del superiore, vigili sull’uso dei mezzi di comunicazione sociale, così che vengano allo stesso tempo protette la povertà, la vita di preghiera, la comunione fraterna e il lavoro, e tali mezzi servano al bene e all’attività di tutti. 2. Nel loro uso si abbia moderazione e maturità di giudizio nella scelta. Si eviti accuratamente tutto ciò che è in contrasto con la fede, con la morale e con la vita religiosa. 3. I frati, specialmente i superiori, provvedano a far conoscere, con mezzi adatti, ciò che di importante avviene nelle fraternità, nelle province e in tutto l’Ordine. 91 1. I frati prima di uscire di casa chiedano il permesso del superiore, secondo l’uso della provincia. 2. Per quanto riguarda i viaggi, ogni frate, prima di chiedere il permesso, esamini nella sua coscienza le motivazioni alla luce dello stato di povertà, della vita spirituale e fraterna ed anche della testimonianza che si deve dare alla gente. 3. I superiori usino prudenza nel concedere i permessi di fare viaggi. Spetta al ministro generale, con il consenso del definitorio, fissare le norme riguardanti i permessi di viaggio per tutto l’Ordine; al ministro provinciale, con il consenso del definitorio, per quanto riguarda la propria provincia. 4. Per un prolungato soggiorno fuori della casa della fraternità, si osservino le norme del diritto comune. 5. Nell’uso dei mezzi di trasporto i frati si ricordino del nostro stato di povertà e di umiltà. http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (25 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap 6. Spetta al ministro provinciale, udito il definitorio, il giudizio sull’opportunità di avere delle auto per l’apostolato, l’ufficio e il servizio della fraternità, e sul modo di usarle. 92 1. Siano accolti con fraterna carità e con animo lieto tutti i frati che vengono da noi. 2. I frati che sono in viaggio, quando è possibile, si rechino volentieri nelle case dell’Ordine, almeno per passarvi la notte. 3. Mostrino spontaneamente al superiore le lettere obbedienziali e partecipino alla vita della fraternità conformandosi agli usi del luogo. 4. È conveniente inoltre, per quanto possibile, che preavvisino per tempo il superiore del loro arrivo. 5. I frati, che sono mandati in altre province per la formazione o per altre ragioni, siano accolti dai superiori e dalle fraternità locali come loro membri e si inseriscano in tutto nella fraternità, tenute presenti le norme del n.113,5 delle Costituzioni. 6. Se i frati, per motivo di studio, dimorano piuttosto a lungo in una casa di altra provincia, i rispettivi superiori maggiori si accordino fraternamente sul contributo per le spese. 93 1. I frati che in particolari circostanze, con la benedizione dell’obbedienza, devono vivere fuori della casa, essendo membri della fraternità alla quale sono stati assegnati, ne godano i benefici come gli altri. 2. Si sentano sempre uniti alla fraternità e, a loro volta, non tralascino di contribuire all’incremento spirituale e al sostentamento economico dell’Ordine. 3. Come veri fratelli in san Francesco, frequentino le nostre case e amino intrattenervisi per qualche tempo, specialmente per il ritiro spirituale. 4. E vi siano ricevuti con carità e si offrano loro gli aiuti necessari materiali e spirituali. 5. I superiori provinciali e locali ne abbiano sollecita cura e li visitino il più spesso possibile e li confortino. 6. Si raccomanda pure, specialmente ai superiori maggiori, di salvaguardare l’equità e la carità evangelica verso i frati che abbandonano la vita religiosa. 94 1. La varietà degli istituti religiosi che, per disegno divino, è andata crescendo per il bene della Chiesa, fiorisce anche nella stessa ed unica spirituale famiglia francescana, così che il carisma del Fondatore si diffonde ed esercita la sua efficacia per mezzo di tanti fratelli e sorelle, anche dell’Ordine Secolare. 2. Viviamo dunque nella fraterna comunione dello stesso spirito e promuoviamo volentieri in reciproca collaborazione gli studi e le iniziative comuni di vita e di attività francescana. 3. Un particolare legame dobbiamo averlo verso le nostre sorelle che, nella vita contemplativa, offrono quotidianamente il sacrificio della lode, cercano nella solitudine e nel silenzio l’unione con Dio e dilatano la Chiesa con segreta fecondità apostolica. Quando si tratta di associare qualche monastero di Clarisse Cappuccine a norma dei cc.614-615, il ministro generale giudicherà il problema collegialmente con il suo definitorio, dopo aver inteso il superiore maggiore. Nei confronti del monastero associato il superiore maggiore gode di vera potestà determinata dalle Costituzioni delle stesse monache. Da fraterno affetto siamo legati anche a quegli istituti religiosi che sono uniti spiritualmente al nostro Ordine. 4. Adempiamo, come è giusto, i nostri doveri di pietà e di familiarità verso i nostri genitori, parenti, benefattori, collaboratori e verso tutti quelli che appartengono alla nostra famiglia spirituale; raccomandiamoli a Dio nelle nostre preghiere, anche comunitarie. 95 1. Nell’ambito della Famiglia francescana, un posto particolare occupa la Fraternità o Ordine Francescano Secolare, che ne condivide e ne promuove il genuino spirito e che deve essere considerato necessario alla pienezza del carisma francescano. 2. In esso i fratelli e le sorelle, mossi dallo Spirito Santo, sono spinti a raggiungere la perfezione della carità nel loro stato di vita laicale, professando di vivere il Vangelo secondo l’ideale di san Francesco. 3. L’Ordine Francescano Secolare, legato per la sua origine, storia e http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (26 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap comunione di vita al nostro Ordine, è stato affidato dalla Santa Sede alla nostra cura. 4. Ai frati stia quindi a cuore manifestare ai membri dell’Ordine Secolare un senso veramente fraterno, alimentare con il loro esempio la fedeltà alla vita evangelica e promuovere efficacemente lo stesso Ordine sia presso il clero secolare che presso i laici. 5. I nostri superiori hanno la facoltà di erigere fraternità dell’Ordine Francescano Secolare in tutte le nostre case e anche altrove, osservate le norme del diritto. Vigilino che sia favorita una vera reciprocità vitale tra le fraternità del nostro Ordine e quelle dell’Ordine Secolare. 6. I superiori provvedano che, unendo e coordinando le forze con le altre Famiglie francescane, sia assicurata alla Fraternità Secolare, a norma della propria legislazione e del diritto universale, un’assistenza spirituale e pastorale continua e impegnata, specialmente per mezzo di frati idonei debitamente preparati a questo ministero. 7. I frati, dal canto loro, offrano volentieri a quest’Ordine assistenza spirituale. Memori sempre della sua natura secolare, non si intromettano nel suo governo interno, eccetto nei casi previsti dal diritto. 8. In segno di corresponsabilità, sia nella nomina degli assistenti che nell’erezione delle fraternità, si consulti il direttivo delle rispettive fraternità dell’Ordine Francescano Secolare. 9. Similmente si promuovano e si aiutino spiritualmente tutte le associazioni, specialmente quelle giovanili, che coltivano lo spirito di san Francesco. Le nostre case diventino centro fraterno di incontro e di animazione per tutti coloro, chierici e laici, che vogliono seguire le orme di Cristo sotto la guida di Francesco. 96 1. Cristo, egli stesso pellegrino sulla terra, nel giudizio finale, dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Ero forestiero e mi avete ospitato ”. 2. Anche san Francesco volle che si ricevesse con benevolenza chiunque giungesse alle nostre case; accogliamo perciò tutti, specialmente gli afflitti e gli sventurati, con la massima carità, aiutandoli nelle loro necessità. 3. Coloro poi, e particolarmente i sacerdoti e i religiosi, che, secondo le circostanze, si possono accogliere nella nostra stessa casa, siano trattati dalla fraternità con ogni cortesia. ARTICOLO II La vita dei frati nel mondo 97 1. Ricolmo di gioia di fronte al mondo creato e redento, san Francesco si sentiva unito da vincolo fraterno non solo con gli uomini, ma anche con tutte le creature, come egli stesso le ha cantate con slancio mirabile nel cantico di frate Sole. 2. Contemplandole sotto questa luce, ammiriamo e proteggiamo le opere della creazione, delle quali Cristo è principio e fine; anche perché attraverso l’indagine scientifica si rivelano ancora più meravigliose e ci conducono ad adorare il Padre nella sua sapienza e potenza. 3. Abbiamo quindi grande stima di tutto ciò che l’intelligenza dell’uomo ha saputo trarre dalle cose create, specialmente nelle opere della cultura e dell’arte, con le quali si rivelano a noi i doni di Dio. 4. Vediamo nel mistero di Cristo anche il mondo degli uomini, che Dio ha tanto amato da dare il suo Figlio unigenito. 5. Infatti, pur essendo irretito da tanti peccati, dotato però di grandi possibilità, il mondo offre le pietre vive per la costruzione di quella dimora di Dio che è la Chiesa. 98 1. San Francesco per divina ispirazione comprese di essere stato inviato a riformare gli uomini in novità di vita. 2. Iniziando perciò una nuova forma di vita evangelica, egli, pur non essendo più del mondo, rimase tuttavia nel mondo e volle che anche la sua Fraternità http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (27 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap vivesse ed operasse tra gli uomini, per testimoniare con l’opera e la parola il lieto messaggio della conversione evangelica. 3. Perciò anche noi, resi partecipi della sua missione, viviamo in mezzo al mondo come fermento evangelico, in modo che gli uomini, vedendo la nostra vita fraterna vissuta nello spirito delle beatitudini, riconoscano che il Regno di Dio è già cominciato in mezzo a loro. 4. Così saremo presenti nel mondo per servire al Dio vivo e nella carità, nell’umiltà e nella letizia francescana, saremo operatori di pace e di bene per il mondo e per la Chiesa. 99 1. Secondo lo spirito di san Francesco, annunziamo la pace e la salvezza non solo con le parole, ma propaghiamole anche con iniziative ispirate dalla carità fraterna. 2. Mossi da questo spirito, sforziamoci di indurre con stile evangelico ad una convivenza pacifica e stabile coloro che sono divisi dall’odio, dall’invidia, dai contrasti ideologici, dalle differenze di classe, di razza e di nazionalità. 3. Quindi uniamo le forze latenti nella nostra fraternità con le iniziative e organizzazioni nazionali e internazionali, che lavorano rettamente per l’unità del genere umano, per la giustizia universale e per la pace. 100 1. Confidando soprattutto nella provvidenza del Padre, camminiamo nel mondo con speranza e letizia francescana in modo da rafforzare la fiducia dei nostri contemporanei. 2. Liberi dalle preoccupazioni inutili del tempo presente e come collaboratori della divina provvidenza, sentiamoci obbligati a venire incontro con la nostra azione alle necessità dei poveri e, specialmente in tempo di calamità pubbliche, mettiamo a disposizione di tutti i bisognosi i servizi e i beni della fraternità. 3. Infatti, sull’esempio di san Francesco, che ebbe una grande compassione verso i poveri, e anche degli iniziatori della fraternità cappuccina, che prestarono assistenza ai colpiti dalla peste, dobbiamo vivere accanto ai fratelli bisognosi, specialmente i malati, sempre disposti a prestare loro un servizio fraterno. 4. Consapevoli poi che la divina provvidenza si manifesta agli uomini non soltanto attraverso avvenimenti e fatti, ma anche attraverso correnti di pensiero ed ideologie, che sono da ritenere come segni dei tempi, dobbiamo guardarle con animo aperto e fiducioso così da cooperare alla presenza di Dio che agisce nella storia del mondo e nella evoluzione della società. 5. Così, facendo la verità nella carità, testimonieremo la speranza nel Signore Dio e saremo di aiuto agli uomini di buona volontà, che porteremo a riconoscere Dio Padre onnipotente e sommo bene. CAPITOLO VII LA VITA DI PENITENZA DEI FRATI 101 1. Gesù Cristo, annunciando il Vangelo del Regno, ha invitato gli uomini alla penitenza, cioè a quel cambiamento radicale di se stessi, in forza del quale si comincia a pensare, giudicare ed orientare la vita a quella santità e amore di Dio che si sono manifestati nel Figlio. 2. Questa conversione in una nuova creatura, che inizia con la fede e il battesimo, esige uno sforzo costante di rinuncia quotidiana a noi stessi. Con la penitenza viviamo solo per Dio, intessiamo rapporti nuovi con gli altri, specie con i poveri, e siamo incoraggiati a costruire una fraternità evangelica. 3. San Francesco, per grazia del Signore, cominciò una vita di penitenza-conversione quando usò misericordia con i lebbrosi e compì il suo esodo dal secolo. 4. Con grande fervore di spirito e gioia interiore, ordinò la sua vita secondo le beatitudini del Vangelo e predicò incessantemente la penitenza incoraggiando tutti con i fatti e con le parole a portare la croce di Cristo, e volle che i suoi frati fossero uomini di penitenza. http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (28 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap 5. Lo spirito di penitenza in una vita austera è caratteristica del nostro Ordine; infatti, sull’esempio di Cristo e di san Francesco, abbiamo scelto una vita stretta. 6. Mossi dallo stesso spirito e consapevoli del peccato che è in noi e nella società, impegniamoci costantemente alla conversione nostra e degli altri, per essere conformi a Cristo crocifisso e risorto. 7. Con questo impegno, completando ciò che manca alla passione di Cristo, ci uniamo all’opera della Chiesa, santa e allo stesso tempo sempre bisognosa di purificazione, e promoviamo la venuta del Regno di Dio nella famiglia umana che deve essere riunita dalla carità perfetta. 102 1. La penitenza, in quanto esodo e conversione, è una disposizione del cuore che esige manifestazioni esterne nella vita quotidiana. 2. I penitenti francescani devono distinguersi sempre per una carità delicata e affettuosa e per la letizia, come i nostri santi, i quali erano esigenti con se stessi, ma pieni di bontà e di rispetto verso gli altri. 3. Animati dallo spirito di conversione e di rinnovamento, dedichiamoci sempre alle opere di penitenza, secondo la Regola e le Costituzioni e come Dio ci ispirerà, affinché il mistero pasquale di Cristo operi in noi sempre più. 4. Prima di tutto ricordiamo che la nostra stessa vita consacrata è un’ottima forma di penitenza. 5. Offriamo quindi per la salvezza nostra e degli altri la povertà, l’umiltà, i disagi della vita, il lavoro quotidiano compiuto con fedeltà, la disponibilità al servizio di Dio e del prossimo e a favore della vita fraterna, il peso della malattia e degli anni ed anche le persecuzioni per il Regno di Dio. Così, soffrendo con chi soffre, possiamo godere sempre della nostra conformità con Cristo. 6. Seguiamo la stessa via della conversione di san Francesco, andando incontro specialmente a coloro che, nei nostri tempi, sono emarginati e privi di tutto. 103 1. Cristo Signore, modello di tutti, ricevuta la missione dal Padre e guidato dallo Spirito Santo, nel deserto digiunò quaranta giorni e quaranta notti. Anche il suo discepolo san Francesco, acceso dal desiderio di imitare il Signore, visse nel digiuno e nella preghiera. 2. Consideriamo l’avvento e soprattutto la quaresima di Pasqua, ma anche tutti i venerdì, tempi di maggiore penitenza sia privata che comunitaria. 3. Si raccomandano inoltre la quaresima detta comunemente “Benedetta ” e le vigilie delle solennità di san Francesco e della Concezione Immacolata della beata Vergine Maria. 4. In questi giorni cerchiamo di essere più disposti a compiere quelle azioni che favoriscono la conversione: la preghiera, il raccoglimento, l’ascolto della parola di Dio, la mortificazione del corpo e il digiuno in fraternità. Condividiamo fraternamente con gli altri poveri ciò che, per la nostra maggiore sobrietà, abbiamo risparmiato dalla mensa del Signore e pratichiamo con fervore più grande le opere di misericordia secondo il nostro uso tradizionale. 5. Per quanto riguarda le leggi dell’astinenza e del digiuno, i frati osservino le prescrizioni della Chiesa sia universale che locale. 6. Spetta al Capitolo provinciale stabilire norme ulteriori sia per i giorni di digiuno e di astinenza sia per le modalità del digiuno, tenendo presenti le varie situazioni di luogo e di tempo. 104 1. Per vivere una vita veramente evangelica, ricordandoci della Passione di Gesù, sull’esempio di san Francesco e dei nostri frati santi,la nostra vita sia semplice e parca, come si conviene ai poveri. Pratichiamo la mortificazione anche volontaria moderandoci volentieri nel mangiare e nel bere, negli spettacoli e negli altri divertimenti. 2. Ma i superiori, dovendo procurare il necessario, soprattutto per gli infermi, abbiano presente il comando della carità e l’esempio di san Francesco. 105 1. Con intimo dolore dei peccati nostri e di quelli degli altri e desiderando camminare in novità di vita, pratichiamo le opere di penitenza, ovviamente http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (29 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap tenendo conto della mentalità dei luoghi e dei tempi. 2. In particolare si raccomanda la correzione fraterna che Gesù ha insegnato, il dialogo fraterno alla luce del Vangelo sul nostro modo di vivere e le altre forme evangeliche di penitenza, soprattutto fatte in comune. 3. Riguardo a queste e ad altre forme comunitarie di penitenza, i Capitoli provinciali stabiliscano le norme opportune, secondo le circostanze delle regioni. 106 1. Nel sacramento della penitenza o riconciliazione vengono purificati e guariti non soltanto i singoli frati, ma anche tutta la fraternità per rinnovare l’unione con il Salvatore e la riconciliazione con la Chiesa. 2. Con questo sacramento, inoltre, sperimentiamo i benefici della morte e della risurrezione di Cristo, e partecipiamo più intimamente all’Eucaristia e al mistero della Chiesa. 3. Purificati e rinnovati dai sacramenti della Chiesa, viviamo sempre meglio la nostra vita francescano-cappuccina. 4. Dobbiamo perciò avere grandissima stima della confessione frequente dei nostri peccati, dell’esame di coscienza quotidiano e della direzione spirituale. Si raccomanda anche la celebrazione della penitenza comunitaria. 107 1. La facoltà di ricevere la confessione sacramentale dei frati viene concessa, oltre che dall’Ordinario del luogo, dal superiore maggiore e, per casi singoli e ad modum actus, dal superiore locale. 2. Qualunque sacerdote dell’Ordine, approvato dal proprio superiore maggiore, può ricevere la confessione dei frati in qualunque parte del mondo. 3. I frati possono confessarsi liberamente da qualunque sacerdote approvato da qualunque Ordinario. 4. I confessori abbiano presente l’esortazione di san Francesco di non adirarsi e di non turbarsi per il peccato di alcuno, ma di trattare il penitente con ogni bontà nel Signore. 108 1. Amandoci vicendevolmente con la stessa carità con cui Cristo ci ha amati, se un frate è in difficoltà, non lo sfuggiamo, ma aiutiamolo con sollecitudine. Se sarà caduto in peccato, non diventiamo suoi giudici, ma custodi, tutelandone il buon nome e amiamolo di più, ricordandoci che noi cadremmo in situazioni peggiori, se il Signore nella sua bontà non ci proteggesse. 2. I superiori poi si sentano paternamente vicini con misericordia ai frati che peccano o che sono in pericolo, per offrire loro gli aiuti opportuni ed efficaci secondo Dio. 3. Non ricorrano a pene specialmente canoniche se non costretti da necessità evidente; allora lo facciano con grande prudenza e carità, pur rispettando le norme del diritto universale. 4. Ricordino sempre le parole di san Francesco nella lettera ad un ministro: “Da questo voglio conoscere che ami il Signore e me, servo suo e tuo, se ti comporterai così: cioè che non esista al mondo un fratello, il quale abbia peccato quanto è possibile peccare, eppure, dopo che avrà visto i tuoi occhi, se chiede perdono, mai se ne torni senza il tuo perdono. E se non ti chiedesse perdono, domanda tu a lui se vuole essere perdonato. E se mille volte, in seguito, peccasse davanti ai tuoi occhi, amalo più di me, al fine di trarlo al Signore ”. CAPITOLO VIII IL GOVERNO DELL’ORDINE O FRATERNITÀ 109 1. La nostra Fraternità, guidata dallo Spirito Santo, è come un organismo nel corpo mistico di Cristo nel quale i frati, riuniti per seguire Cristo, contribuiscono a edificare la Chiesa nella carità con i vari impegni e servizi. 2. Perciò i frati, per essere veramente incorporati nel mistero di Cristo, devono sentire il dovere di contribuire al bene della Chiesa e della Fraternità, secondo la grazia ricevuta e la loro vocazione. http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (30 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap 3. I Capitoli e i superiori hanno la funzione di collegamento tra i frati, per una più stretta unità spirituale e visibile dell’Ordine nostro; ed esercitano in spirito di servizio gli uffici e incarichi ricevuti da Dio tramite il ministero della Chiesa. ARTICOLO I La divisione dell’Ordine 110 1. L’Ordine o Fraternità nostra, quanto al governo, si divide in province, viceprovince, custodie, delegazioni e case o fraternità locali; ognuna di queste strutture, singolarmente presa, è una vera fraternità. 2. La provincia è costituita da un gruppo di frati e di fraternità locali,che ha un suo ambito territoriale ed è governata dal ministro provinciale. 3. La viceprovincia è una parte dell’Ordine, costituita in un determinato territorio, affidata ad una provincia oppure direttamente dipendente dal ministro generale; è governata dal viceprovinciale in qualità di vicario del ministro provinciale o generale. 4. La custodia o missione è costituita da un gruppo di frati che dipendono da una provincia e svolgono l’attività missionaria in un determinato territorio. Sono governati dal superiore regolare in qualità di vicario del ministro provinciale. 5. La fraternità locale è costituita da un gruppo di almeno tre frati professi, che abitano in una casa legittimamente costituita ed è governata dal superiore locale o guardiano. 6. Il ministro generale col consenso del definitorio può stabilire che qualche fraternità locale o casa dipenda direttamente da lui e, se il caso lo richiede, abbia uno statuto proprio. 7. Ciò che in queste Costituzioni viene detto delle province vale anche per le viceprovince e custodie, eccetto che non appaia diversamente dalla natura della cosa o dal testo e contesto. 111 1. Spetta al ministro generale con il consenso del definitorio, dopo aver consultato le Conferenze dei superiori maggiori della regione e i ministri e i definitorii provinciali interessati, decidere la costituzione, l’unione, la separazione, la variazione e la soppressione delle province, osservate la disposizioni del diritto. 2. Allo stesso modo, per circostanze particolari, il ministro generale, con il consenso del definitorio, può erigere province composte da più regioni. Queste province abbiano uno statuto speciale approvato dal ministro generale con il consenso del definitorio. Se nello statuto qualche volta risulterà difficile applicare le Costituzioni, il ministro generale con il suo definitorio può intervenire decidendo quale sia il modo migliore di agire. 3. Perché i frati possano formare una nuova provincia è necessario che, tenendo conto delle situazioni locali, si abbia un sufficiente numero di frati, che la nuova provincia sia utile alla testimonianza apostolica e alla vita dell’Ordine e che ci sia una certa unità geografica. 4. Il ministro generale con il consenso del definitorio nomina i superiori maggiori e i definitori delle nuove circoscrizioni, dopo aver consultato i frati di voti perpetui, e determina la composizione del primo Capitolo. 112 1. Spetta al ministro provinciale, con il consenso del definitorio e previo il voto favorevole del Capitolo, erigere canonicamente le case, osservate le disposizioni del diritto. Nei casi urgenti, mancando il voto del Capitolo, si richiede pure il consenso del ministro generale e suo definitorio. 2. Spetta invece al ministro generale, con il consenso del definitorio, sopprimere le case sia su richiesta della parte interessata sia per altre cause, rispettando sempre le norme del diritto. 113 1. Ogni frate, incorporato all’Ordine per la professione, viene aggregato alla provincia o viceprovincia o custodia per la quale il superiore maggiore lo ha ammesso alla professione. 2. Il giorno della professione temporanea determina anche l’anzianità nella fraternità. http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (31 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap 3. Spetta al ministro generale, udito il definitorio, considerati il bene di tutto l’Ordine e le necessità delle province o dei singoli frati, ascoltati anche i ministri provinciali e i loro definitorii, mandare i frati da una provincia ad un’altra, sia temporaneamente sia, con il consenso del definitorio, aggregandoli ad essa definitivamente. 4. I superiori provinciali, in spirito di fraterna collaborazione, siano disponibili a venire incontro alle necessità sopra indicate, inviando i loro frati temporaneamente in altra provincia. 5. Ogni frate esercita i diritti di voto in una sola circoscrizione dell’Ordine, eccetto che, per ragioni di ufficio, non gli competano anche altrove. Coloro che vengono inviati in un’altra circoscrizione per motivi di servizio esercitano i diritti di voto in quella circoscrizione, non nella propria. Invece i frati che per altri motivi risiedono in un ’altra circoscrizione, esercitano i propri diritti solo nella propria circoscrizione. ARTICOLO II I superiori e gli uffici in genere 114 1. Sotto la suprema autorità del Sommo Pontefice, nell’Ordine sono superiori con potestà ordinaria propria: il ministro generale in tutto l’Ordine, il ministro provinciale nella sua provincia e il superiore locale o guardiano nella sua fraternità. 2. Sono superiori con potestà ordinaria vicaria: il vicario generale, il vicario provinciale, il viceprovinciale, il superiore regolare e il vicario locale. 3. Tutti questi, eccetto il superiore locale e il suo vicario, sono superiori maggiori. 4. Ciò che in queste Costituzioni si dice dei ministri provinciali vale anche per i viceprovinciali e per i superiori regolari, eccetto che risulti il contrario dalla natura della cosa o dal testo e contesto. 115 1. Gli uffici nell’Ordine si conferiscono o per elezione o per nomina. 2. Nel conferire gli uffici i frati procedano con retta intenzione, semplicemente e secondo le norme del diritto. 3. In vista del bene dell’Ordine, può esser fatta una consultazione previa sulle persone da eleggere; ma la consultazione è obbligatoria se si tratta di persone da nominare. 4. Se l’elezione ha bisogno di conferma, questa deve essere chiesta nel tempo utile di otto giorni. 5. I frati, come veri minori, non ambiscano le cariche; se però vi vengono chiamati dalla fiducia dei fratelli, non rifiutino ostinatamente il servizio di superiore o di altro ufficio. 6. Siccome noi siamo un Ordine di fratelli, secondo la volontà di san Francesco e la genuina tradizione cappuccina, tutti i frati di voti perpetui possono accedere a tutti gli uffici o incarichi, salvo quelli che derivano dall’ordine sacro. Ma l’ufficio di superiore può essere conferito validamente solo ai frati che hanno emesso la professione perpetua da almeno tre anni. 7. Quando si tratta di conferimento di uffici per elezione, nel nostro Ordine è ammessa la postulazione. L’accettazione della postulazione e la dispensa dall’impedimento competono all’autorità che ha la facoltà di conferma, cioè al ministro generale o al ministro provinciale; ma l’accettazione della postulazione del ministro generale compete all’autorità della Santa Sede. 115 1. Gli uffici nell’Ordine si conferiscono o per elezione o per nomina. 2. Nel conferire gli uffici i frati procedano con retta intenzione, semplicemente e secondo le norme del diritto. 3. In vista del bene dell’Ordine, può esser fatta una consultazione previa sulle persone da eleggere; ma la consultazione è obbligatoria se si tratta di persone da nominare. 4. Se l’elezione ha bisogno di conferma, questa deve essere chiesta nel tempo utile di otto giorni. 5.I frati, come veri minori, non ambiscano le cariche; se però vi vengono chiamati dalla fiducia dei http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (32 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap fratelli, non rifiutino ostinatamente il servizio di superiore o di altro ufficio. 6. Siccome noi siamo un Ordine di fratelli, secondo la volontà di san Francesco e la genuina tradizione cappuccina,tutti i frati di voti perpetui possono accedere a tutti gli uffici o incarichi, salvo quelli che derivano dall’ordine sacro. Ma l’ufficio di superiore può essere conferito validamente solo ai frati che hanno emesso la professione perpetua da almeno tre anni. 7. Quando si tratta di conferimento di uffici per elezione, nel nostro Ordine è ammessa la postulazione. L’accettazione della postulazione e la dispensa dall’impedimento competono all’autorità che ha la facoltà di conferma, cioè al ministro generale o al ministro provinciale; ma l’accettazione della postulazione del ministro generale compete all’autorità della Santa Sede. ARTICOLO III Il governo generale dell’Ordine 116 1. Il Capitolo generale, che è eminente segno dell’unità e della solidarietà di tutta la Fraternità riunita nei suoi rappresentanti, gode della suprema autorità nell’Ordine. 2. Il Capitolo ordinario, che viene indetto e convocato dal ministro generale, si celebri ogni sei anni verso la solennità di Pentecoste, a meno che allo stesso ministro, con il consenso del definitorio, non sembri opportuno un altro periodo dell’anno. 3. Oltre al Capitolo ordinario, per esigenze particolari, il ministro generale, con il consenso del definitorio, può convocare un Capitolo straordinario per trattare problemi di grande importanza per la vita e l’attività dell’Ordine. 4. Nel Capitolo generale sia ordinario che straordinario hanno voce attiva: il ministro generale, i definitori generali, l’ex-ministro generale nel sessennio immediatamente seguente, i ministri provinciali, i viceprovinciali, il segretario generale, il procuratore generale, i delegati sia delle province che delle custodie e altri frati di professione perpetua secondo le norme delle Ordinazioni dei Capitoli generali. 5. Se il ministro provinciale è impedito per una causa grave, conosciuta dal ministro generale, o il suo ufficio è vacante, al Capitolo vada il vicario provinciale. (*)Il Capitolo generale 2000 ha deciso di trasferire il n.117 alle Ordinazioni dei Capitoli generali,apportandovi alcune modifiche (cfr. Ordinazioni,n.8/7). 118 1. Nel Capitolo generale ordinario, secondo quanto è prescritto dal “Regolamento per la celebrazione del Capitolo generale ”, si elegga per primo il ministro generale, che assume l’autorità su tutto l’Ordine e su tutti i frati. 2. Il ministro generale uscente può essere eletto solo per il sessennio immediatamente successivo. 3. Successivamente si eleggano, a norma dello stesso “Regolamento per la celebrazione del Capitolo generale ”, i definitori generali secondo il numero fissato dalle Ordinazioni dei Capitoli generali; di questi al massimo la metà possono essere fra gli eletti nel Capitolo precedente. 4. Nell’elezione dei definitori generali il ministro generale uscente ha soltanto la voce attiva. 5. Fra questi definitori si elegga il vicario generale, il quale, in forza dell’elezione, diviene primo definitore. 6. A norma delle Costituzioni e secondo lo statuto della Curia generale approvato dal Capitolo generale, il compito dei definitori è di aiutare il ministro generale nel governo di tutto l’Ordine. 119 1. Nel Capitolo vengano trattati i problemi che riguardano la conservazione o il rinnovamento della nostra forma di vita come pure lo sviluppo dell’attività apostolica. 2. Con mezzi adeguati, tutti i frati siano consultati sugli argomenti da proporsi al Capitolo e le loro proposte vengano inviate al ministro generale. 3. Tutti i capitolari siano tempestivamente informati sull’elenco dei temi preparato dal ministro generale con il consenso del definitorio. Ma è lo stesso Capitolo che deve decidere gli argomenti da trattare. http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (33 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap 120 1. Il ministro generale e i suoi definitori risiedano a Roma. 2. Quando il ministro generale è assente da Roma, ne faccia le veci il vicario generale. 3. Sono però riservati al ministro generale la conferma dei ministri provinciali, la nomina dei visitatori generali e gli altri affari che lui stesso si sarà riservati. 4. Se il ministro generale è impedito di esercitare il suo ufficio, il vicario generale lo sostituisca in tutto nel governo dell’Ordine. A tempo opportuno egli farà una relazione degli atti principali al ministro generale. 5. Se anche il vicario generale fosse impedito, faccia le veci del ministro generale il definitore che segue nell’ordine di elezione. 121 1. Restando vacante l’ufficio di ministro generale, gli succede il vicario generale. Quanto prima egli informi dell’ufficio vacante la Sede Apostolica. 2. Se resta vacante l’ufficio di vicario generale oltre un anno prima del Capitolo, il ministro generale e suo definitorio eleggano un altro definitore che prende il posto dell’ultimo definitore; poi tra i definitori si elegga a scrutinio segreto un altro vicario generale. 3. Se resta vacante l’ufficio di definitore generale oltre un anno prima del Capitolo, il ministro generale e il suo definitorio, consultati i superiori maggiori del gruppo al quale apparteneva quel definitore, ne eleggano un altro, che prende il posto dell’ultimo definitore. 122 1. Il ministro generale e il suo definitorio nelle varie attività sono aiutati da: il segretario generale, il procuratore generale, al quale spetta di trattare gli affari dell’Ordine presso la Santa Sede, il postulatore generale che ha l’incarico di trattare presso la Santa Sede le cause di canonizzazione dei servi di Dio, l’assistente generale dell’Ordine Francescano Secolare, il segretario generale per l’animazione missionaria e gli altri incaricati in numero sufficiente per le varie attività. 2. Tutti questi frati vengono scelti dalle varie regioni e sono nominati dal ministro generale con il consenso del suo definitorio. 3. Gli incarichi e gli uffici della curia generale vengano assegnati e siano svolti seguendo le norme dello statuto particolare approvato dal Capitolo generale. 123 1. Il Consiglio plenario dell’Ordine ha lo scopo di esprimere il rapporto vitale fra l’intera fraternità e il suo governo centrale, di promuovere la coscienza di tutti i frati alla corresponsabilità e alla collaborazione, di favorire l’unità e la comunione dell’Ordine nella pluriformità. 2. Sono membri del Consiglio plenario: il ministro generale, i definitori generali e i delegati delle Conferenze dei superiori maggiori, con una certa proporzionalità stabilita dal ministro generale con il consenso del definitorio. 3. I delegati non devono necessariamente essere scelti fra i membri delle Conferenze dei superiori maggiori. 4. Le modalità della scelta vengono stabilite da ciascuna Conferenza. 5. È competenza del Consiglio plenario: favorire la comunicazione tra il definitorio generale e le Conferenze e fra le Conferenze stesse; costituire un centro di riflessione ed esaminare i problemi di maggiore importanza per proporne la soluzione all’Ordine; offrire un aiuto con una collaborazione costruttiva al ministro generale e ai definitori per attuare un rinnovamento adeguato dell’Ordine; aver cura dell’incremento dell’Ordine e della formazione dei frati. 6. Il Consiglio plenario ha voto consultivo. Ma affinché il valore delle riflessioni come norma direttiva per tutto l’Ordine non vada perduto, è conveniente che il ministro generale, a suo giudizio e con il consenso del definitorio, confermi con la propria autorità gli atti del Consiglio plenario e li proponga all’Ordine. 7. Il ministro generale con il consenso del definitorio convochi il Consiglio plenario ordinariamente una o due volte nel sessennio. 8. Il Consiglio plenario dell’Ordine ha uno statuto proprio, preparato dal Consiglio stesso e approvato dal ministro generale e suo definitorio. ARTICOLO IV Il governo delle province http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (34 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap 124 1. La prima autorità della provincia compete al Capitolo provinciale, i cui membri riuniti in fraterna comunione rappresentano tutta la provincia. 2. Il Capitolo provinciale ordinario sia indetto e convocato ogni tre anni dal ministro provinciale, ottenuta l’autorizzazione del ministro generale con il consenso del definitorio. Il ministro generale ha la facoltà di permettere che il Capitolo, per un giusto motivo, sia celebrato sei mesi prima o dopo del triennio. 3. Si può celebrare il Capitolo straordinario, che viene convocato dal ministro provinciale con il consenso del definitorio, per trattare i problemi principali della vita e dell’attività della provincia, della sua viceprovincia e della custodia. 125 1. Nel Capitolo ordinario e straordinario hanno voce attiva: il ministro generale, se presiede, il ministro provinciale e i definitori provinciali, i frati ai quali il Capitolo ne ha concesso il diritto, i viceprovinciali e i superiori regolari, i delegati della provincia, i delegati delle viceprovince e delle custodie, tenuto presente quanto è stabilito dal numero 113,5. 2. Se qualche provincia vuol celebrare il Capitolo a suffragio diretto, cioè con la partecipazione di tutti i frati professi perpetui, lo stabilisca la maggioranza di due terzi dei votanti in una consultazione generale, alla quale devono partecipare almeno il settantacinque per cento (75%) di tutti i frati di professione perpetua; la decisione poi venga inserita nel regolamento per la celebrazione del Capitolo. Sono obbligati a partecipare al Capitolo tutti i frati che hanno fatto la professione perpetua; se qualcuno di loro non può intervenire, lo comunichi al ministro provinciale e suo definitorio, i quali hanno il diritto di conoscere e giudicare il caso. Solo i frati realmente presenti in Capitolo hanno diritto di voto. Inoltre partecipano al Capitolo provinciale i viceprovinciali, i superiori regolari e i delegati delle viceprovince e delle custodie, secondo il regolamento per la celebrazione del Capitolo della provincia. 3. Se il superiore della viceprovincia o custodia non può partecipare al Capitolo per ragioni gravi riconosciute dal ministro provinciale e suo definitorio, oppure se il suo ufficio fosse vacante, prenda parte al Capitolo il primo o il secondo consigliere, secondo le possibilità. 126 1. Indetto il Capitolo provinciale, tutti i frati che allora sono professi perpetui, eccetto quelli che appartengono alle viceprovince e alle custodie, eleggano i delegati e i sostituti, a meno che al Capitolo non debbano partecipare tutti i frati. 2. I frati delle viceprovince e delle custodie eleggano i propri delegati e i loro sostituti. 3. Il numero dei delegati della provincia, delle viceprovince e delle custodie e il modo di eleggerli siano stabiliti dal Capitolo provinciale. 127 1. Nel Capitolo provinciale si trattino i problemi attinenti alla vita e all’attività della provincia, sui quali tutti i frati precedentemente devono essere consultati. 2. Tutti i capitolari siano informati a tempo debito sull’elenco degli argomenti, preparato dal ministro provinciale e suo definitorio. Ma è lo stesso Capitolo che deve decidere i problemi da trattare. 3. Nel Capitolo ordinario il ministro provinciale viene eletto secondo il regolamento per la celebrazione del Capitolo, approvato dal Capitolo provinciale. 4. Il ministro provinciale uscente, se è stato eletto nel Capitolo precedente, può essere rieletto immediatamente soltanto per un altro triennio. 5. Seguendo il regolamento predetto, poi si eleggano quattro definitori provinciali, eccetto che il ministro generale con il consenso del definitorio non creda opportuno che se ne abbia un numero maggiore; di questi la metà può essere degli eletti nel Capitolo precedente. 6. Poi tra i definitori si elegga il vicario provinciale, il quale, in forza dell’elezione, diviene primo definitore. 7. Nell’elezione dei definitori il ministro provinciale uscente ha soltanto la voce attiva. 8. Il ministro provinciale eletto esercita l’ufficio come delegato del ministro http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (35 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap generale fin quando la sua elezione non sarà confermata. 9. Avvenuta l’elezione o la nomina del ministro provinciale e dei definitori, i frati continuano ad esercitare i propri uffici fino a quando non sarà provveduto diversamente. Questa norma, con le debite differenze, vale anche per le viceprovince e le custodie. 128 1. Per gravi motivi il ministro generale, con il consenso del definitorio, può nominare il ministro provinciale e i definitori, dopo aver ottenuto per iscritto il voto consultivo di tutti i frati di voti perpetui della provincia. Questo però non può esser fatto per due trienni consecutivi. 2. Fatta questa nomina, si celebri il Capitolo al momento opportuno per trattare i problemi. 129 1. È compito del vicario provinciale aiutare il ministro provinciale nelle attività che gli vengono affidate e, se assente o impedito il ministro provinciale, affari della provincia, eccetto quelli che il ministro provinciale si è riservato. 2. Vacante l’ufficio di ministro provinciale, il vicario provinciale è tenuto a ricorrere immediatamente al ministro generale e a governare la provincia fin quando non riceverà disposizioni. 3. Se l’ufficio di ministro provinciale si rende vacante oltre diciotto mesi prima del Capitolo provinciale, il ministro generale con il consenso del definitorio, avuto prima il voto consultivo di tutti i frati di voti perpetui della provincia, nomini il nuovo ministro, che porti a termine il triennio iniziato; finito questo, si celebri il Capitolo. 4. Se il vicario provinciale è impedito, ne assume l’ufficio il definitore che lo segue nell’ordine. 5. Se si rende vacante l’ufficio di definitore provinciale oltre un anno prima del Capitolo provinciale, il ministro generale con il consenso del definitorio, dopo aver consultato il ministro provinciale e il suo definitorio, nomini un altro definitore, che prenda il posto dell’ultimo definitore. Se poi si rende vacante l’ufficio di vicario provinciale, il ministro provinciale con il definitorio eleggano a scrutinio segreto un altro vicario provinciale dall’interno del definitorio. Di questo si informi il ministro generale. 130 1. Il ministro provinciale con il consenso del definitorio nomini, tra i frati di voti perpetui, il segretario provinciale, altri incaricati di uffici necessari nella curia provinciale e, se ce ne sarà bisogno, anche altri responsabili per settori particolari. 2. Il segretario provinciale dipende soltanto dal ministro provinciale; al Capitolo provinciale spetta decidere se gli altri incaricati debbano dipendere solo dal ministro provinciale. 3. Si raccomanda che nelle singole province il ministro provinciale con il consenso del definitorio nomini delle commissioni speciali per trattare particolari problemi. 131 1. Le Conferenze, che sono formate dai ministri provinciali, viceprovinciali e superiori regolari di una regione o di un territorio, sono costituite dal ministro generale con il consenso del definitorio. Esse hanno lo scopo di promuovere la collaborazione sia delle province, viceprovince e custodie fra loro sia con le Conferenze episcopali o con le Unioni dei superiori o delle superiore maggiori, per trattare questioni attuali e per garantire, per quanto è possibile, l’uniformità di governo. 2. Le Conferenze abbiano un loro statuto approvato dal ministro generale con il consenso del definitorio e si riuniscano almeno una volta all’anno. 3. Ad esse spetta adempiere i compiti loro affidati dalle Costituzioni, dal loro statuto particolare o dal ministro generale; provvedere al bene dell’Ordine nel proprio territorio e stabilire norme speciali per le loro zone. Tali norme, per essere valide, devono essere approvate dai rispettivi Consigli e dal ministro generale con il suo definitorio. 4. Affinché nei singoli continenti sia favorita la solidarietà tra i frati del nostro Ordine che vi si trovano, i superiori maggiori procurino che i frati attuino, con unità di forze, adeguate forme di testimonianza francescana, valide anche fuori della loro nazione o area politica, per il rinnovamento della vita cristiana e la promozione della pace, della giustizia e della concordia. http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (36 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap ARTICOLO V Il governo delle viceprovince 132 1. Uno degli scopi principali delle viceprovince è la “implantatio Ordinis ” nella Chiesa particolare per dare testimonianza evangelica del carisma francescano. 2. Perciò le viceprovince si devono prendere assidua cura delle vocazioni fra gli abitanti del luogo. Per raggiungere questo scopo, sviluppino uno stile di vita e un’attività pastorale rettamente adattate alle varie esigenze della regione. 3. La provincia, secondo le sue possibilità, invii nella viceprovincia ad essa affidata tanti religiosi quanti sono richiesti dalle necessità della stessa viceprovincia. 4. Nello scegliere i religiosi da inviare o da richiamare, i superiori, consultato il viceprovinciale e il suo Consiglio, tengano in considerazione le particolari attitudini dei frati in relazione alle condizioni dei luoghi, alla formazione dei giovani e all’apostolato da esercitare nella viceprovincia. 5. Il viceprovinciale, d’accordo con il Consiglio e tenuto conto delle necessità e con il consenso del ministro provinciale o generale può stipulare opportune convenzioni con altre province o Conferenze dei superiori maggiori. Queste convenzioni dovranno essere confermate dal ministro provinciale o generale. 133 1. A ciascuna viceprovincia è preposto un viceprovinciale con due consiglieri. 2. Spetta al ministro generale con il consenso del definitorio e dopo aver consultato il ministro provinciale, aumentare il numero dei consiglieri. 3. Il viceprovinciale e i consiglieri vengono eletti per la durata di tre anni; trascorsi questi, possono essere eletti ancora; ma il viceprovinciale può essere rieletto immediatamente soltanto per un altro triennio. 4. Il Capitolo viceprovinciale stabilisca se il viceprovinciale uscente ha voce passiva nell’elezione dei consiglieri. 5. Il viceprovinciale e i consiglieri siano eletti da tutti i frati di voti perpetui, secondo le modalità stabilite dal Capitolo viceprovinciale e dopo aver ottenuto il consenso del ministro provinciale o generale. In casi particolari, per giusta ragione, il ministro generale, con il consenso del definitorio, può autorizzare l’elezione dei superiori e dei consiglieri attraverso il Capitolo con delegati. 6. Se invece l’elezione viene fatta dal Capitolo a suffragio diretto, il viceprovinciale, con il consenso del ministro provinciale o generale, convoca egli stesso il Capitolo, nel quale hanno voce attiva i frati presenti ed anche il ministro provinciale o generale, se presiedono. Riguardo ai frati che non possono partecipare al Capitolo, vale quanto è stato detto per il Capitolo provinciale. 7. Se la votazione è avvenuta fuori del Capitolo, si esegua lo scrutinio nella stessa viceprovincia dal viceprovinciale, dai suoi consiglieri e da due frati eletti dal Capitolo locale dove si fa lo scrutinio, alla presenza del ministro provinciale o generale oppure del rispettivo delegato. Poi si renda noto il risultato delle elezioni. 8. Il viceprovinciale eletto, fino a quando la sua elezione non sarà confermata, esercita l’ufficio come delegato del ministro provinciale o generale. 9. Dal momento della conferma della sua elezione, il viceprovinciale acquisisce la potestà giuridica ordinaria vicaria per esercitare il suo ufficio. È opportuno che, all’atto della conferma, il ministro provinciale o generale conferisca al viceprovinciale le facoltà elencate dai numeri 19 e 36 delle Costituzioni. 10. Successivamente il ministro provinciale informi il ministro generale dell’elezione avvenuta. 11. Con il permesso del ministro provinciale o generale il viceprovinciale può convocare il Capitolo per trattare i vari problemi. È opportuno che questo Capitolo sia presieduto dal ministro provinciale o generale, i quali vi hanno voce. 12. Se il viceprovinciale è assente o impedito, ne fa le veci il primo consigliere o, se anche questi è impedito, il consigliere che segue nell’ordine dell’elezione. 13. Se per qualunque motivo è vacante l’ufficio di viceprovinciale o di http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (37 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap consigliere, il fatto venga notificato al ministro provinciale o generale, i quali procedano per analogia con il numero 129. 14. Lo statuto, preparato dal Capitolo viceprovinciale e approvato dal ministro provinciale o generale, prenda in considerazione altri aspetti del governo della viceprovincia. Il medesimo statuto, fra l’altro, determini i vocali del Capitolo per trattare i vari argomenti e i problemi che possono essere trattati soltanto col permesso del ministro provinciale o generale. 134 1. Il viceprovinciale convochi i suoi consiglieri almeno quattro volte all’anno. Egli ha bisogno del loro consiglio o del loro consenso tutte le volte che, a norma delle Costituzioni, il ministro provinciale ha bisogno del consiglio o del consenso del suo definitorio. 2. Tuttavia proponga al ministro provinciale o generale le iniziative nuove che comportano oneri di notevole entità per la provincia o per la viceprovincia. ARTICOLO VI Il governo delle custodie 135 1. A ciascuna custodia è preposto un superiore regolare con due consiglieri. 2. Il numero dei consiglieri può essere elevato a quattro dal ministro provinciale con il consenso del definitorio e dopo aver consultato gli interessati, se lo richieda la necessità o il bene della custodia. Di questo venga poi informato il ministro generale. 136 1. Il superiore regolare e i consiglieri siano eletti per un triennio dai frati di professione perpetua appartenenti alla custodia, tenendo presente quanto è stabilito nel numero 113,5. In casi particolari e per giusto motivo, il ministro generale con il consenso del definitorio, può permettere che i superiori e i consiglieri siano eletti dal Capitolo con delegati. 2. Il superiore regolare può essere rieletto immediatamente soltanto per un secondo triennio. 3. Il Capitolo della custodia stabilisca se il superiore regolare uscente ha voce passiva nell’elezione dei consiglieri. 4. Per l’elezione, sia che si faccia per mezzo del Capitolo sia che si faccia in altro modo, è necessario il consenso del ministro provinciale, il quale, se presiede il Capitolo, ha voce attiva. 5. Si considerano appartenenti alla custodia tutti i frati che hanno ricevuto l’obbedienza dal ministro generale per l’attività missionaria, anche se a tempo determinato, e inoltre tutti i frati aggregati alla custodia con la professione, anche quando essi, per motivi di formazione o per altra causa, vivono altrove. 137 1. L’elezione del superiore regolare e dei consiglieri avviene nel Capitolo a suffragio diretto, nel quale hanno voce attiva soltanto i frati presenti; oppure nel modo stabilito dal superiore regolare con il consenso dei consiglieri, dopo aver considerate attenta mente le condizioni della custodia e intesi i desideri dei frati, nel rispetto del numero 136,1. Quanto a coloro che sono impediti di partecipare al Capitolo, vale ciò che si è detto per il Capitolo provinciale. 2. Spetta al ministro provinciale confermare l’elezione; nel caso che non sia presente, si promulgano le elezioni e il superiore regolare eletto esercita il suo ufficio come delegato del ministro provinciale fino a quando la sua elezione non verrà confermata. Il ministro provinciale comunichi al ministro generale l’elezione avvenuta. 3. Dal momento della conferma, il superiore regolare acquisisce la potestà giuridica ordinaria vicaria per esercitare il suo ufficio. È opportuno che, all’atto della conferma, il ministro provinciale gli conferisca le facoltà elencate dai nn.19 e 36 delle Costituzioni. 4. Per gravi motivi il ministro generale con il consenso del suo definitorio, può nominare il superiore regolare e i suoi consiglieri, dopo aver ascoltato il ministro provinciale e il suo definitorio e ottenuto per scritto il voto consultivo dei frati della custodia. 138 1. Se il superiore regolare è assente o è impedito, ne fa le veci il primo http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (38 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap consigliere oppure, se anche questi è impedito, il consigliere che segue nell’ordine dell’elezione. 2. Se è vacante per qualunque motivo l’ufficio di superiore regolare o di consigliere della custodia, lo si faccia presente al ministro provinciale, il quale proceda per analogia con il numero 129, con le opportune differenze. 139 1. Il superiore regolare convochi i suoi consiglieri almeno quattro volte all’anno. 2. Richieda il loro consenso o il consiglio in tutti i casi per i quali il ministro provinciale necessita del consenso o del consiglio del definitorio. 3. È opportuno che la custodia abbia uno statuto approvato dal ministro provinciale con il consenso del definitorio. In esso siano determinati gli aspetti più importanti del governo. ARTICOLO VII Il governo della fraternità locale 140 1. Nel Capitolo provinciale o in seguito, a tempo opportuno, il ministro provinciale con il consenso del definitorio e, per quanto è possibile, ascoltati i frati, costituisca le fraternità locali e nomini i superiori locali, secondo il numero 115,3. Nel fare ciò tenga presente sia la nostra forma di vita che deve essere salvaguardata sia la comunione fraterna che deve essere incrementata sia le attività particolari che si devono svolgere nelle singole case. 2. Allo stesso modo, considerate le circostanze particolari, vengano costituite le fraternità e i rispettivi superiori nelle viceprovince e nelle custodie. 3. I superiori locali vengono nominati dal ministro provinciale, con il consenso del definitorio, per un triennio. Ma potranno essere nominati per un secondo o, in caso di evidente necessità, per un terzo triennio, e per giusti motivi anche nella stessa casa. 4. Coloro che sono stati superiori locali per sei anni o, in caso di necessità, per nove anni continui, saranno liberi da questo ufficio almeno per un anno. 141 1. In ogni fraternità è nominato dal ministro provinciale, con il consenso del definitorio, il vicario, che ha il compito di assistere come consigliere il superiore nel governo della comunità e, se questi è assente o impedito oppure è vacante l’ufficio di superiore, di governare la fraternità. 2. In ogni casa con almeno sei frati, oltre il vicario, che di diritto è il primo consigliere, tutti frati di voti perpetui eleggano uno o due consiglieri; essi hanno il compito di aiutare con il consiglio il superiore locale nelle cose spirituali e materiali. 3. Nei casi di maggiore importanza, secondo le Costituzioni e gli statuti regionali o provinciali, i consiglieri hanno voce deliberativa. 4. Quando sono assenti o impediti il guardiano e il vicario, presiede la fraternità quel frate che è stato designato dalle norme stabilite dal Capitolo provinciale. 5. Se l’ufficio di superiore locale resta vacante per oltre sei mesi prima del Capitolo provinciale, il ministro provinciale, con il consenso del definitorio, nomini un altro superiore; se invece resta vacante per meno di sei mesi prima del Capitolo provinciale, la fraternità venga governata dal vicario. 142 1. Il Capitolo locale è composto da tutti i frati professi. 2. È compito del Capitolo locale, sotto la guida del guardiano, confermare lo spirito fraterno, promuovere la coscienza di tutti i frati per il bene comune, aprire un dialogo sui vari aspetti della vita fraterna, soprattutto quando si tratta di favorire la preghiera, di osservare la povertà e di promuovere fraternamente la formazione, per ricercare insieme la volontà di Dio. 3. Il Capitolo locale si celebri spesso durante l’anno; i superiori maggiori lo promuovano efficacemente e qualche volta lo animino di persona. 4. I superiori, con i mezzi opportuni, non solo informino, ma consultino anche i frati sugli argomenti da trattare in Capitolo. 5. Le votazioni del Capitolo locale sono consultive, a meno che non sia http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (39 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap stabilito diversamente dal diritto universale o da quello proprio. 6. Spetta solo ai frati professi perpetui partecipare alle elezioni e alle votazioni per l’ammissione dei frati alla professione, a norma delle Costituzioni. 143 1. Nella Curia generale e provinciale, nella sede del viceprovinciale e del superiore regolare e in tutte le nostre case ci sia l’archivio, nel quale si conservino ordinatamente e sotto segreto tutti i documenti necessari. Tutti i fatti degni di memoria siano annotati accuratamente da chi ne ha ricevuto l’incarico. 2. Ci sia anche l’inventario dei documenti conservati in archivio. CAPITOLO IX LA VITA APOSTOLICA DEI FRATI 144 1. Il Figlio di Dio è stato mandato dal Padre nel mondo affinché, assunta la condizione umana, portasse il lieto annunzio ai poveri, guarisse i pentiti di cuore, annunziasse la liberazione ai prigionieri e restituisse la vista ai ciechi. 2. Cristo ha stabilito che questa missione continuasse nella Chiesa con la potenza dello Spirito Santo. 3. Lo stesso Spirito ha suscitato san Francesco e la sua Fraternità apostolica affinché, di fronte alle più urgenti necessità del suo tempo, con tutte le forze venisse in aiuto dell’azione missionaria della Chiesa, soprattutto per quelli che avevano maggiore bisogno del messaggio evangelico. 4. Perciò la nostra Fraternità, obbedendo allo Spirito del Signore e alla sua santa operazione, adempie nella Chiesa il dovere di servizio verso tutti gli uomini, annunziando loro il Vangelo con l’opera e con la parola. 145 1. Nell’attività apostolica conserviamo le note caratteristiche del nostro carisma, adattandole al variare dei tempi e delle situazioni. 2. Il primo apostolato del frate minore è: vivere nel mondo la vita evangelica in verità, semplicità e letizia. 3. Abbiamo per tutti gli uomini stima e disponibilità al dialogo. 4. Anche se, sull’esempio di Cristo e di san Francesco, preferiamo evangelizzare i poveri, non dobbiamo esitare di annunziare il messaggio di conversione alla giustizia e all’impegno di conservare la pace anche agli uomini che detengono il potere o che reggono le sorti dei popoli. 5. Impegniamoci volentieri in qualunque opera di ministero e attività apostolica, purché corrispondano alla nostra forma di vita e rispondano alle necessità della Chiesa. Consapevoli di essere minori, assumiamo con generosità quei ministeri che sono ritenuti più difficili. 6. La fraternità, sia provinciale che locale, promuova e coordini le varie iniziative apostoliche come espressione di tutta la fraternità. 7. I frati, come discepoli di Cristo e figli di san Francesco, si ricordino che nella vita apostolica si richiede un animo preparato ad accogliere la croce e la persecuzione, fino al martirio, per la fede e la salvezza del prossimo. 146 1. I frati esercitino qualunque genere di apostolato, anche di iniziativa privata, con animo pronto sotto l’obbedienza dell’autorità competente. 2. Salvo il diritto del Sommo Pontefice di disporre del servizio dell’Ordine per il bene della Chiesa universale, l’esercizio di qualunque attività apostolica è sottoposto all’autorità del Vescovo diocesano, dal quale i frati ricevono le facoltà necessarie, dopo che sono stati approvati dai loro ministri. I ministri poi nei limiti del possibile e nel rispetto del nostro carisma, collaborino volentieri, quando dai Vescovi vengono invitati al servizio del popolo di Dio e alla salvezza degli uomini. 3. È compito del Capitolo provinciale adattare l’attività apostolica alle esigenze dei tempi, rispettando la nostra identità francescano-cappuccina. Spetta poi al ministro provinciale col consenso del definitorio coordinare le energie apostoliche nella provincia. 4. Il superiore della fraternità, dopo aver consultato il Capitolo locale nei casi di maggiore importanza, distribuisca gli impegni, tenendo conto delle http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (40 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap necessità della Chiesa e delle condizioni dei singoli frati, in piena concordanza con l’organizzazione pastorale stabilita dalla gerarchia ecclesiastica. 5. I frati collaborino volentieri con le opere e le iniziative degli altri istituti religiosi della Chiesa. 147 1. I frati si abituino a leggere i segni dei tempi, nei quali con gli occhi della fede si vede il disegno di Dio, affinché le iniziative apostoliche corrispondano alle esigenze dell’evangelizzazione e alle necessità degli uomini. 2. Promuovano le opere tradizionali di apostolato, come le missioni popolari, gli esercizi spirituali, la confessione sacramentale dei fedeli, la cura spirituale delle religiose, specie francescane, l’assistenza agli infermi e ai carcerati, le opere di educazione e di promozione sociale. 3. Intraprendendo anche forme nuove di apostolato, si dedichino con sollecitudine particolare a quelle persone che, per la loro condizione di vita, mancano di cura pastorale ordinaria, come i giovani in crisi nella vita cristiana, gli emigranti, gli operai e le persone assillate da preoccupazioni economiche o perseguitate per inimicizia o per odio di razza. 4. Diano pure un particolare contributo al dialogo ecumenico nella carità, nella verità e nella preghiera con i fratelli cristiani non cattolici, per partecipare alla sollecitudine della Chiesa per ricostruire l’unità. 5. Similmente si sforzino di stabilire un dialogo di salvezza anche con le persone di altra religione e con i non credenti fra i quali vivono o ai quali sono inviati. 6. Tutti i servizi prestati agli uomini devono essere basati su una vita plasmata dal Vangelo. È compresa più facilmente ed accolta più volentieri la testimonianza dei frati che vivono vicini al popolo con semplicità di cuore, manifestando nella vita e nel modo di parlare la loro condizione di minori. 148 1. San Francesco, araldo di Cristo, sostenuto dall'autorità della Chiesa, percorreva le città e spargeva dovunque il seme del Vangelo, annunziando al popolo di Dio il mistero di Cristo con discorsi brevi e semplici. 2. Seguendo il suo esempio e la tradizione del nostro Ordine, i frati annunzino la parola del Signore con chiarezza e con fedeltà alle Sacre Scritture. 3. Si sforzino i frati con sommo impegno di imprimere nel loro cuore la Parola di Dio, che è Cristo, e con tutte le forze di dare a lui il possesso totale di se stessi, affinché sia il Signore stesso che li spinge a parlare per sovrabbondanza di amore. Così predicheranno Cristo con la vita, con le opere e con la parola. 4. Per raggiungere questo scopo, s’impegnino a progredire continuamente nella sapienza di Cristo, che si acquista soprattutto vivendola e questo specialmente con la lettura assidua, la meditazione e lo studio approfondito delle Sacre Scritture. 149 1. Nella celebrazione dei sacramenti Cristo è presente nei fedeli con la sua grazia, li santifica ed edifica il suo Corpo. Per questo i frati siano disponibili ad aiutare i fedeli con l’amministrazione dei sacramenti sia quando lo fanno per ufficio che quando sono invitati dal clero; in modo che per tale celebrazione la fede venga nutrita, irrobustita ed espressa. 2. I frati sacerdoti, nello spirito di Cristo pastore,annunzino il perdono dei peccati nel sacramento della riconciliazione e volentieri si prestino ad ascoltare le confessioni dei fedeli; tanto più che questo è un ministero che si addice soprattutto ai minori e spesso è rivolto ad uomini spiritualmente poverissimi. 3. In loro risplenda lo zelo della santità di Dio e la sua misericordia, il rispetto della dignità della persona umana, la carità, la pazienza e la prudenza. 4. I confessori si preoccupino di progredire continuamente nella scienza pastorale e nel retto esercizio del loro ministero. 150 1. Sull’esempio di san Francesco e la tradizione costante dell’Ordine, i frati volentieri assumano l’assistenza spirituale ed anche fisica dei malati e dei sofferenti. 2. In questo apostolato a imitazione di Cristo che percorreva città e villaggi curando ogni malattia e ogni infermità, segno della venuta del Regno di Dio, compiano la missione della Chiesa che per mezzo dei suoi figli si prodiga per http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (41 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap gli uomini di ogni condizione, soprattutto se poveri e sofferenti, e volentieri per essi si sacrifica. 3. I superiori favoriscano questo ministero, perché è un’eccellente e valida opera di carità e di apostolato. 151 1. Secondo l’indole e la tradizione del nostro Ordine, i frati siano disponibili a dare aiuto pastorale al clero della Chiesa particolare nelle parrocchie. 2. I superiori maggiori, sensibili alle necessità urgenti dei fedeli e con il consenso del Consiglio, accettino con prudenza anche la cura parrocchiale in spirito di servizio alla Chiesa particolare. 3. Affinché assumendo questo ministero si conservi la conformità alla nostra vocazione, ordinariamente preferiamo le parrocchie dove più facilmente possiamo dare testimonianza di minorità e possiamo vivere e lavorare in fraternità. Così infatti il popolo di Dio può realmente partecipare al nostro carisma. 4. I santuari affidati al nostro Ordine siano centri di evangelizzazione e di sana devozione. 152 1. I frati, riconoscendo il ruolo dei laici nella vita e nell’azione della Chiesa, li aiutino a prepararsi e ad esercitare i vari ministeri che sono loro propri, specialmente nell’opera di evangelizzazione; così anche sostengano le associazioni dei fedeli che si propongono di vivere e annunziare la parola di Dio e di migliorare il mondo dall’interno. 2. Tra queste associazioni ci stia a cuore l’Ordine Francescano Secolare. Collaboriamo con i francescani secolari affinché le loro fraternità crescano come comunità di fede dotate di particolare efficacia di evangelizzazione. Collaboriamo anche alla formazione dei singoli membri affinché diffondano il Regno di Dio non soltanto con l’esempio della vita, ma anche con varie forme di apostolato. 153 1. San Francesco esortava i frati ad annunziare il Regno di Dio anche con canti e laudi in lingua volgare. Lui stesso desiderava cooperare alla salvezza degli uomini con la diffusione degli scritti. 2. Anche noi teniamo in grande considerazione i mezzi odierni di comunicazione sociale, che raggiungono e stimolano le moltitudini e tutta la società umana. Essi sono dei mezzi adatti per evangelizzare gli uomini del nostro tempo. 3. Per dare maggior vigore alle varie forme di apostolato attraverso questi mezzi di comunicazione sociale nella nostra fraternità, i superiori facciano in modo che i frati idonei a questo apostolato possano acquistare una preparazione adeguata. 4. Tutti i frati vengano istruiti adeguatamente sull’uso responsabile di questi mezzi di comunicazione sociale, affinché attraverso di essi possano conoscere rettamente e concretamente le condizioni della società e le necessità della Chiesa. 5. Esercitino volentieri anche l’apostolato della stampa in collaborazione fra loro, specialmente se si tratta di divulgare opere francescane; si raccomanda molto che nelle province e nelle nazioni, anzi in tutto l’Ordine, siano costituiti uffici a questo scopo. 6. In ciò che riguarda i mezzi di comunicazione sociale si osservino le norme del diritto universale; se si tratta di scritti su problemi religiosi o di morale, si tenga presente che si richiede anche l’autorizzazione del superiore maggiore. 7. I frati abbiano i mezzi necessari per esercitare il loro ufficio, a condizione che non ne soffra la vita fraterna e tenendo presente la nostra vocazione francescano-cappuccina. 154 1. I frati, che per qualunque ragione si dedicano all’apostolato, riconducano a unità la loro vita e azione nell’esercizio della carità verso Dio e verso gli uomini, che è l’anima di ogni apostolato. 2. Si ricordino anche che non possono compiere la loro missione se non si rinnovano continuamente nella fedeltà alla propria vocazione. 3. Esercitino quindi l’attività apostolica in povertà e umiltà, non appropriandosi del ministero, affinché sia evidente a tutti che essi cercano solo Gesù Cristo; conservino quella unità fraterna che Cristo volle così http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (42 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap perfetta che il mondo conosca che il Figlio è stato inviato dal Padre. 4. Coltivino la vita di preghiera e di studio in convivenza fraterna per essere uniti intimamente con il Salvatore e, mossi dalla forza dello Spirito Santo, si offrano a testimoniare il lieto annuncio nel mondo con animo pronto e generoso. CAPITOLO X LA NOSTRA VITA IN OBBEDIENZA 155 1. In forza del nostro impegno di vivere in obbedienza, senza distinzione di ufficio, aspiriamo all’ultimo posto nella comunità dei discepoli del Signore; serviamoci l’un l’altro per carità di spirito e siamo sottomessi ad ogni creatura per amore di Dio. 2. Questa è la vera obbedienza manifestata dalla vita di Gesù Cristo, che ha preso la natura di servo. 3. Docili allo Spirito Santo, in fraterna comunione di vita, cerchiamo e compiamo la volontà di Dio in ogni avvenimento e in ogni azione. 4. Ne conseguirà che i ministri o superiori, che si dedicano al servizio dei frati a loro affidati, e gli altri frati che nella fede si sottomettono a loro, faranno sempre ciò che piace a Dio. ARTICOLO I Il servizio pastorale dei ministri 156 1. Cristo non è venuto per essere servito ma per servire; e, per dimostrarlo, lavò i piedi agli apostoli e raccomandò loro di fare altrettanto. 2. Perciò i ministri, che sono servi degli altri, esercitino l’autorità non come padroni, ma servano gli altri frati, amministrando loro con l’esempio e con la parola lo spirito e la vita. 157 1. I ministri, che dovranno render conto a Dio dei frati loro affidati, presiedano le loro fraternità con carità e spontaneamente diventino per esse modelli. 2. Perciò compiano con diligenza l’ufficio loro affidato ed abbiano sollecitudine per i frati e cura di tutte le cose, specialmente di quelle spirituali. 3. Nella preghiera intensa e con discernimento prudente, insieme ai frati cerchino la volontà di Dio. 4. Nello spirito del Vangelo favoriscano volentieri il dialogo sia comunitario che individuale con i frati ed accettino i loro consigli; tutti però siano consapevoli che, in forza dell’ufficio, la decisione ultima spetta ai superiori. 5. I ministri esortino con impegno i frati ad osservare fedelmente la nostra vita ed a favorire dovunque il bene della Chiesa. 6. Per il bene di tutta la fraternità promuovano la collaborazione di tutte le energie, soprattutto di quelli che nella casa svolgono incarichi speciali. 158 1. Tutti i ministri hanno il dovere di proporre ai frati la parola di Dio e di procurar loro con sollecitudine una conveniente istruzione e formazione religiosa. 2. Questo nelle singole province può essere fatto in vari modi, secondo i luoghi e i tempi, su disposizione del ministro provinciale con il consenso del definitorio. Per esempio, con il colloquio spirituale sia individuale che nel Capitolo locale, con l’omelia ai fratelli nella celebrazione dell’Eucaristia o della parola di Dio, con lettere circolari dei superiori maggiori, con dei convegni su argomenti religiosi e francescani. 159 1. I ministri, desiderando che i singoli frati corrispondano al progetto del Padre, che per amore li ha chiamati, li stimolino a cercare e compiere attivamente e responsabilmente la volontà di Dio. 2. Guidino i frati loro affidati come figli di Dio, nel rispetto della persona umana, in modo che obbediscano spontaneamente. 3. Non impongano precetti in forza del voto di obbedienza se non costretti http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (43 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap dalla carità e dalla necessità, con grande prudenza, per iscritto o alla presenza di due testimoni. 160 1. Esercitino con fermezza e insieme con mansuetudine e carità il compito, che ad essi compete in forza della Regola, di ammonire, confortare e, quando sia necessario, correggere i frati. 2. Cerchino di correggere i difetti dei singoli frati in privato con il dialogo fraterno, tenendo conto della persona e delle circostanze. 3. I frati poi accolgano volentieri la correzione fatta dai superiori a vantaggio delle loro anime. 4. I superiori parlino dei difetti e delle omissioni della fraternità con i frati stessi, soprattutto nel Capitolo locale, ed insieme cerchino ed applichino rimedi efficaci. 161 1. La visita pastorale dei superiori maggiori, prescritta dalla Regola e dal diritto comune, giova molto all’animazione della nostra vita, al rinnovamento e all’unione dei frati. 2. Il ministro generale durante il periodo del suo ufficio visiti tutti i frati, personalmente o per mezzo di altri, prima di tutto per mezzo dei definitori generali. 3. Gli altri superiori maggiori facciano la visita a tutte le fraternità del loro territorio almeno due volte nel triennio. 4. Le viceprovince e le custodie, oltre alla visita del viceprovinciale o del superiore regolare, ogni tre anni vengano visitate dal ministro provinciale. 5. Inoltre il ministro generale, quando se ne offre l’occasione, visiti i frati delle diverse nazioni e qualche volta intervenga alle Conferenze dei superiori maggiori. 6. Anche gli altri superiori maggiori, attenti alle persone e alle opere, colgano volentieri l’occasione di incontrare i frati. 162 1. I visitatori abbiano un dialogo sincero con i frati sia singolarmente che riuniti comunitariamente su tutte le cose spirituali e temporali che servono a tutelare e a far crescere la vita dei frati; né trascurino la visita delle case. 2. Agiscano nella comprensione totale, adattandosi ai tempi e alle condizioni delle diverse regioni, in modo che i frati manifestino con libertà e sincerità il loro parere ed insieme cerchino ciò che porta al rinnovamento costante della nostra vita e allo sviluppo dell’attività. 163 1. Al termine della visita, il visitatore delegato ne invii la relazione completa al rispettivo superiore. 2. I superiori, sia maggiori che locali, nei limiti di tempo determinati dal visitatore, informino il proprio superiore immediato di quanto hanno messo in atto dopo la visita e come è stato eseguito quanto dalle Costituzioni è demandato ai Capitoli delle province o ai superiori. 3. I superiori maggiori una volta durante il triennio inviino al rispettivo superiore una relazione sullo stato della propria circoscrizione. ARTICOLO II L’obbedienza caritativa dei frati 164 1. I frati, seguendo le orme del Signore Gesù, che per tutta la vita si è sottomesso alla volontà del Padre, con il voto di obbedienza offrono a Dio la loro volontà come sacrificio di se stessi, si conformano costantemente alla volontà salvifica di Dio, sommamente amato, e si vincolano al servizio della Chiesa. 2. Inoltre, vivendo nell’obbedienza, insieme alla fraternità scoprono la volontà di Dio con sicurezza maggiore e irrobustiscono la stessa unione fraterna. 3. In quello spirito di generosità con il quale hanno promesso i consigli evangelici, obbediscano ai superiori in modo attivo e responsabile, con fede ed amore verso la volontà di Dio. 4. Siano pienamente coscienti che l’offerta della propria volontà a Dio fatta http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (44 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap spontaneamente contribuisce moltissimo alla perfezione personale e diventa per gli altri testimonianza del Regno di Dio. 165 1. I frati, pur essendo pronti ad obbedire ai superiori in spirito di fede, manifestino loro il proprio parere e le iniziative in vista del bene comune. Spetta ai superiori, dopo aver valutato tutto volentieri con i frati, decidere e comandare le cose da farsi. 2. È obbedienza vera anche tutto ciò che di bene il frate fa con retta intenzione e di propria iniziativa, quando sa che ciò non è contro la volontà dei superiori e che non incide negativamente sull’unione fraterna. 3. E se qualche volta un frate, dopo un dialogo fraterno, vede cose migliori e più utili di quelle che il ministro gli comanda, sacrifichi a Dio volontariamente le sue e di fatto si impegni ad adempiere con l’opera quelle del ministro. Questa è infatti obbedienza vera e caritativa, che soddisfa Dio e il prossimo. 166 1. Coloro che per motivi personali o per situazioni esterne non possono osservare la Regola spiritualmente, possono, anzi devono, ricorrere al ministro per chiedere con fiducia consigli, incoraggiamento e soluzioni. 2. Il ministro li riceva e li aiuti con fraterna carità e sollecitudine. 167 1. Tutti noi, i ministri e gli altri frati, camminando nella verità e nella sincerità del cuore, conserviamo tra noi una grande familiarità e, per lo spirito di carità, serviamoci volontariamente e obbediamoci reciprocamente. 2. Coltiviamo una stima reciproca tale da non dire mai, in assenza del fratello, ciò che non oseremmo dire con carità alla sua presenza. 3. Così facendo, saremo nel mondo, che deve essere consacrato a Dio, segno di quella carità perfetta che è in vigore nel Regno dei cieli. 4. Riponiamo tutta la nostra speranza in Dio sommamente amato se dovremo soffrire privazioni, persecuzioni e tribolazioni a causa della testimonianza della vita evangelica. 5. Spinti e sostenuti dallo Spirito del Signore e dalla sua santa operazione, come poveri e uomini di pace, impegniamoci con animo forte a grandi iniziative, sicuri di essere premiati da Dio se persevereremo fino alla fine. CAPITOLO XI LA NOSTRA VITA NELLA CASTITÀ CONSACRATA 168 1. Tra i consigli evangelici è da apprezzare come insigne dono di Dio la castità, che, sotto l’azione dello Spirito Santo, volontariamente si sceglie per Cristo e per il suo Regno. 2. La motivazione della nostra vita vissuta in castità è l’amore preferenziale di Dio e di tutti gli uomini. Essa ci dona in modo singolare una più ampia libertà di cuore, per cui aderiamo a Dio con amore indiviso e possiamo farci tutto a tutti. 3. Con questo dono, sempre da custodire e coltivare fedelmente, la nostra fraternità diventa un segno luminoso del mistero con il quale la Chiesa è unita all’unico Sposo. Il carisma del celibato, che non tutti possono capire, è una scelta per il Regno di Dio, preannuncia profeticamente questo Regno in mezzo a noi ed offre una testimonianza della vita futura, nella quale i risuscitati sono fratelli fra loro davanti a Dio, che sarà per loro tutto in tutti. 169 1. Una delle caratteristiche più significative di san Francesco è la ricchezza degli affetti e la capacità di esprimerli. 2. Francesco, conquistato dall’amore di Dio e degli uomini, anzi di tutte le cose create, è fratello ed amico universale. 3. Sommamente cortese e nobile, pieno di stupore di fronte ad ogni cosa buona e bella, vuole che i suoi frati siano cantori lieti della penitenza-conversione, immersi nella pace e nella fratellanza universale, anzi addirittura cosmica. 170 http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (45 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap 1. Mentre siamo in cammino verso il Regno di Dio, la castità porta sempre con sé qualche privazione che è necessario riconoscere ed accettare. Il ricorso diligente ai mezzi soprannaturali e naturali rende possibile l’equilibrio e permette di evitare i pericoli che più minacciano il frate celibe, quali la noia della vita, la solitudine del cuore, l’amore delle comodità, le compensazioni indebite o la deviazione morbosa dell’affettività. 2. La castità consacrata a Dio, dono dato agli uomini, si alimenta, si sostiene e cresce con la partecipazione alla vita sacramentale, soprattutto con il convito eucaristico e con il sacramento della riconciliazione, con la preghiera perseverante e con l’unione intima con Cristo e con la sua Vergine Madre. 3. Così, dunque, senza presumere delle proprie forze, ma confidando nell’aiuto di Dio, preoccupiamoci di rispondere generosamente a questo dono. 171 1. La maturazione affettiva e sessuale percorre un itinerario graduale di conversione dall’amore egoistico e possessivo all’amore oblativo, capace di donarsi agli altri. 2. Tutti i frati, specialmente i superiori, ricordino che l’amore scambievole nella vita di famiglia e nel servizio fraterno è un aiuto particolarmente valido della castità. 3. La vera fraternità, serena e aperta agli altri, facilita lo sviluppo naturale dell’affettività di ognuno. L’impegno fraterno esige la rinuncia continua dell’amor proprio, e richiede quella dedizione agli altri che favorisce le amicizie profonde e autentiche, che giovano molto ad una piena vita affettiva. 4. Oltre alla disciplina dei sensi e del cuore, vivendo in umiltà e penitenza,dedichiamoci con animo lieto ad un lavoro assiduo e serviamoci degli altri mezzi che favoriscono la salute dello spirito e del corpo. 172 1. I frati amino tutti gli uomini in Cristo e, con modi fraterni ed amichevoli, cerchino di condurli a partecipare al Regno di Dio. 2. Sull’esempio dell’affetto nobile di frate Francesco per sorella Chiara, il nostro comportamento con le donne sia caratterizzato da cortesia, rispetto e senso di giustizia. 3. L’amicizia è un dono grande e favorisce la crescita umana e spirituale. In forza della nostra consacrazione e per il rispetto dovuto alla vocazione di coloro con i quali siamo in relazione, evitiamo di legare gli altri a noi; anzi, diventiamo un dono per loro. Si crea così un’amicizia liberante e non distruttiva della fraternità. 4. Le relazioni dei frati con la propria famiglia favoriscono la crescita affettiva; non si dimentichi, tuttavia, che la fraternità è la nostra nuova famiglia. 173 1. Meditiamo spesso le parole di san Francesco con le quali egli esorta i suoi frati affinché, allontanata ogni preoccupazione, con cuore puro, con corpo casto e con santa operazione, amino ed adorino il Signore Dio in tutte le creature. 2. Niente dunque ci impedisca, niente si frapponga a che lo Spirito del Signore agisca e si manifesti in noi e nella nostra fraternità. CAPITOLO XII LA DIFFUSIONE DELLA FEDE E LA VITA DI FEDE ARTICOLO I L’impegno missionario dell’Ordine 174 1. Cristo Gesù, Vangelo di Dio, primo e massimo annunciatore del Vangelo, ha trasmesso a tutti i suoi discepoli e, in loro, alla comunità di fede che è la Chiesa, la grazia e il comando di evangelizzare. 2. Tutti i battezzati, e in modo particolare i religiosi per la loro speciale donazione, sono uniti alla Chiesa pellegrinante che, per la missione di Cristo e dello Spirito Santo, è sacramento universale di salvezza e perciò missionaria per sua stessa natura. 3. San Francesco nel suo tempo, per divina ispirazione, rinnovò lo spirito http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (46 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap missionario con l’esempio della vita e con il vigore della sua Regola e diede impulso a quelle iniziative della Chiesa che vanno sotto il nome di attività missionaria; con esse viene annunziato il Vangelo, e il Regno di Dio che viene trasforma l’uomo stesso e crea un mondo nuovo, giusto e pieno di pace. Così la Chiesa ogni giorno si edifica e sempre più diviene perfetta. 4. Il nostro Ordine accetta come impegno proprio il compito di evangelizzare, che appartiene a tutta la Chiesa; e considera ed assume l’attività missionaria tra i suoi principali impegni apostolici. 5. Si considerano missionari quei frati che, in qualunque continente o regione, portano il lieto annunzio della salvezza a tutti quelli che non credono in Cristo. 6. Riconosciamo, tuttavia, la condizione particolare di quei frati che esercitano l’attività missionaria a servizio delle nuove Chiese. 175 1. I frati missionari, secondo l’insegnamento di san Francesco, possono vivere spiritualmente tra i non cristiani in due modi: o, sottomessi ad ogni creatura umana per amore di Dio, con grande fiducia danno testimonianza della vita evangelica per mezzo della carità; oppure, quando vedranno che piace a Dio, annunziano apertamente la parola di salvezza ai non credenti, affinché si facciano battezzare e divengano cristiani. 2. I frati, riconoscendo che le Chiese particolari si sono già assunte in proprio la parte maggiore dell’opera di evangelizzazione, si pongano volentieri in ascolto e in dialogo con i figli della nuova Chiesa, in modo che sia evidente che essi sono venuti a servizio delle Chiese stesse e dei loro pastori. 3. In spirito di carità valutino le condizioni storiche, religiose, sociali e culturali alla luce del Vangelo e, spinti da animo profetico, agiscano con la libertà dei figli di Dio. 4. In dialogo con le altre Chiese cristiane e con le religioni non cristiane promuovano anche quei cambiamenti che favoriscono la venuta di un mondo nuovo, e siano attenti alle idee che influiscono sul modo di pensare e di agire dei popoli. 176 1. I frati, che per ispirazione divina si sentono chiamati all’attività missionaria in altra regione dove è più urgente l’evangelizzazione, facciano conoscere il loro proposito al ministro provinciale, il quale però può chiamare anche altri frati idonei disposti ad assumersi tale incarico. 2. Lo stesso ministro, dopo una particolare preparazione teorica e pratica in missiologia e in ecumenismo secondo le condizioni di ciascuno, li presenti al ministro generale, al quale spetta dare le lettere obbedienziali. 3. I ministri non rifiutino di inviare le persone adatte, a motivo della scarsità dei frati in provincia, ma rimettano ogni loro preoccupazione e pensiero in colui che ha continua cura di noi. 4. Le diverse province dell’Ordine si aiutino generosamente fra loro secondo l’opportunità ed offrano alle altre circoscrizioni bisognose missionari ed aiuti attraverso il ministro generale. 5. I frati siano invitati a prender parte all’attività missionaria, anche temporaneamente, soprattutto per alcuni servizi speciali. 6. I frati, prestando la loro opera e il loro consiglio, collaborino con i missionari laici, soprattutto con i catechisti, curino con loro un’intensa animazione spirituale e promuovano il bene sociale ed economico della gente. 7. I superiori promuovano nei frati l’amore e lo spirito di collaborazione per l’azione missionaria in modo che tutti, ognuno secondo la propria condizione e capacità, adempia il proprio dovere missionario, attraverso il rapporto fraterno con i missionari, pregando per le nuove chiese e in unione con esse, e suscitando l’interesse del popolo cristiano. 177 1. Poiché lo stato di coloro che professano i consigli evangelici appartiene alla vita e alla santità della Chiesa e deve quindi essere promosso con sollecitudine fin dall’inizio di una nuova Chiesa, i frati missionari si impegnino a favorire il nostro spirito e il nostro carisma nelle Chiese particolari. 2. Perciò i superiori maggiori facciano in modo che tra i missionari vi siano dei frati http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (47 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap idonei a formare i candidati all’Ordine. 3. La forma della nostra vita e il patrimonio spirituale del nostro Ordine, che è universale e comprende tutti i riti della Chiesa cattolica, siano trasmessi ed esprimano, secondo le situazioni regionali, il genio culturale di ogni popolo e l’indole della Chiesa particolare. Non si trapiantino gli usi particolari della propria regione in un’altra. Spetta al ministro generale, con il consenso del definitorio, decidere sul rito delle singole circoscrizioni, a norma del diritto. 178 1. È compito del ministro generale, con il consenso del definitorio e d’accordo con l’autorità ecclesiastica, promuovere e coordinare l’attività missionaria nelle Chiese particolari. 2. Spetta al ministro provinciale, con il consenso del definitorio, accettare l’impegno missionario proposto dal ministro generale e anche stipulare le convenzioni con il rispettivo superiore ecclesiastico, previa l’approvazione del ministro generale con il consenso del definitorio. 3. Il ministro generale e i ministri provinciali, con il consenso del definitorio, istituiscano il segretariato per l’animazione e la cooperazione missionaria e ne determinino i compiti. 4. I frati collaborino costantemente con gli istituti religiosi che nello stesso territorio operano nell’attività missionaria della Chiesa particolare oppure con quelli che in patria si dedicano all’animazione missionaria. 5. Si tenga presente che l’azione missionaria ha il suo culmine nello sviluppo della Chiesa particolare, dove il clero, i religiosi e i laici, ognuno per la propria competenza, hanno le loro responsabilità. 179 1. Si ricordino i frati di san Francesco, che volle inviare i suoi compagni nel mondo, sull’esempio dei discepoli di Cristo, in povertà nella piena fiducia in Dio Padre per annunciare la pace dovunque con la vita e con la parola. 2. Raccomandiamo questa grande opera all’intercessione della beata Vergine Maria, Madre del Buon Pastore, che ha generato Cristo, luce e salvezza di tutte le genti, e che il mattino di Pentecoste presiedette in preghiera all’inizio dell’evangelizzazione, sotto l’azione dello Spirito Santo. ARTICOLO II La vita di fede dei frati 180 1. Come veri discepoli di Cristo e figli di san Francesco, aiutati dalla grazia divina, conserviamo ferma fino alla fine la fede che da Dio abbiamo ricevuto mediante la Chiesa. Penetriamo sempre più profondamente in essa con tutte le nostre forze e con retto giudizio ed applichiamola sempre più nella nostra vita. 2. Imploriamo da Dio nella preghiera costante l’aumento di questo dono inestimabile e viviamolo in intima comunione con tutto il popolo di Dio. 3. Sotto la guida dello Spirito Santo, testimoniamo Cristo dovunque e, a chi ce lo chiede, rendiamo ragione della nostra speranza nella vita eterna. 181 1. San Francesco ebbe sommamente a cuore aderire fedelmente al magistero della Chiesa, custode della parola di Dio, trasmessa nella Scrittura e nella Tradizione, e della vita evangelica. 2. Per conservare integralmente questa eredità spirituale, professiamo una devozione particolare alla santa madre Chiesa. 3. Di conseguenza viviamo sempre uniti alla Chiesa in tutto: nel pensiero, nelle parole e nell’azione ed evitiamo con diligenza le teorie false o pericolose. 4. Con sentimenti di responsabilità attiva e cosciente, prestiamo il religioso ossequio della volontà e della ragione al Pontefice Romano, maestro supremo della Chiesa universale, ed anche ai Vescovi, i quali, come testimoni della fede, assieme al Sommo Pontefice insegnano al popolo di Dio. 5. I superiori, all’inizio dell’ufficio ricevuto, come anche gli altri frati, secondo quanto stabilito dal diritto, emettano la professione di fede. 182 http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (48 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap 1. Corrispondendo alla vocazione divina, con la quale tutti i giorni Dio ci chiede di prender parte a realizzare il suo progetto di salvezza, ricordiamo quanto in forza della professione siamo uniti a Cristo davanti al popolo di Dio. 2. Preoccupiamoci dunque di camminare degnamente e di distinguerci sempre più nella vocazione alla quale siamo stati chiamati, memori che Dio non revoca mai i suoi doni e quindi nemmeno quello della vocazione. Non ci mancherà la sua grazia per superare le difficoltà in questa via stretta che conduce alla vita. 3. Perseveriamo con gioia nell’ideale della nostra vita, dedicandoci con impegno al nostro rinnovamento e, coscienti della fragilità umana, camminiamo sulla via della conversione assieme a tutta la Chiesa che lo Spirito Santo continuamente rinnova. *** 183 1. In forza della nostra professione, siamo tenuti ad osservare con semplicità e fede cattolica la Regola di san Francesco, confermata da Papa Onorio. 2. La sua interpretazione autentica è riservata alla Santa Sede, la quale dichiara abrogate, quanto al loro valore precettivo, le dichiarazioni pontificie anteriori della Regola, ad eccezione di quelle che sono contenute nel diritto universale vigente e in queste Costituzioni. 3. Inoltre la Santa Sede riconosce ai Capitoli generali la facoltà di adattare opportunamente la Regola alle nuove situazioni, purché tali adattamenti ottengano il valore di legge mediante la sua approvazione. 184 1. L’interpretazione autentica delle Costituzioni è riservata alla Santa Sede. È compito del Capitolo generale, con il consenso dei due terzi dei vocali, integrare le Costituzioni, cambiarle, derogarvi o abrogarle, secondo le esigenze dei tempi, per favorire una certa continuità nel rinnovamento adeguato, salva tuttavia l’approvazione della Santa Sede. 2. Fuori del Capitolo generale spetta al ministro generale con il consenso del definitorio sciogliere i dubbi e colmare le lacune, che potrebbero esserci nel nostro diritto particolare. Tali soluzioni, comunque, hanno valore fino al prossimo Capitolo. 3. I superiori, in casi particolari, possono dispensare temporaneamente i propri sudditi e gli ospiti dalle disposizioni disciplinari delle Costituzioni, ogni volta che lo giudichino utile al loro bene spirituale. 4. La dispensa temporanea per tutta una provincia è riservata al ministro generale, quella per tutta una fraternità locale al proprio superiore maggiore. 5. Per applicare adeguatamente le Costituzioni alle condizioni delle province e delle regioni, i Capitoli provinciali o le Conferenze dei superiori maggiori, possono stabilire statuti particolari, che dovranno essere approvati dal ministro generale con il consenso del definitorio. 6. Tutte le questioni di diritto contenzioso sia tra i religiosi che tra le case o tra le circoscrizioni dell’Ordine vengono risolte a norma del nostro “Modus procedendi ”. 185 1. Il nostro Ordine è retto dal diritto universale della Chiesa, dalla Regola e dalle Costituzioni. Solo il presente testo delle Costituzioni ha valore giuridico in tutto l’Ordine. 2. Dal momento che non è possibile stabilire leggi e statuti per tutti i casi particolari, in ogni nostra azione teniamo davanti agli occhi il santo Vangelo, la Regola promessa a Dio, le sane tradizioni e gli esempi dei santi. 3. I superiori precedano i frati nella vita fraterna e nell’osservare le Costituzioni e con l’audacia della carità li spingano ad osservarle. CONCLUSIONE 186 1. San Francesco, vicino alla morte, impartì la benedizione della santissima Trinità, insieme alla sua, ai veri osservanti della Regola. Perciò tutti, messa da parte ogni negligenza, impegniamoci con amore fervente a raggiungere la http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (49 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap perfezione evangelica mostrata nella stessa Regola e nel nostro Ordine. 2. Ricordiamo, fratelli carissimi, il tema sul quale il serafico Padre tenne un discorso al Capitolo dei frati: Grandi cose abbiamo promesso al Signore, ma Dio ne ha promesse maggiori a noi. Perciò impegniamoci ad osservare queste Costituzioni e quanto abbiamo promesso ed aspiriamo con desiderio ardente a quelle cose che ci sono state promesse, con l’aiuto di Maria, Madre di Dio e Madre nostra. 3. Nel fare tutto questo, fissiamo gli occhi sul nostro Redentore affinché, conosciuto il suo beneplacito, procuriamo di piacergli con cuore puro. L’osservanza delle Costituzioni ci aiuterà non soltanto ad osservare la Regola promessa, ma anche la legge divina e i consigli evangelici. Nelle difficoltà affrontate per amore di Gesù Cristo, abbonderà la nostra consolazione e tutto potremo in colui che ci conforta, poiché in tutto ci darà intelligenza colui che è Sapienza di Dio e dona abbondantemente a tutti. 4. Cristo, dunque, che è luce ed attesa delle genti, fine della legge, salvezza di Dio, Padre del secolo futuro, Verbo e potenza che tutto sostiene e infine nostra speranza, nel quale tutto è possibile, tutto è soave e leggero, che conosce la nostra fragilità, non solo ci darà la forza per mettere in pratica i suoi precetti e i suoi consigli, ma effonderà su di noi anche i suoi doni celesti con tanta abbondanza che, superato ogni ostacolo, riusciremo a seguirlo ed imitarlo con grande generosità di cuore, come pellegrini che si servono delle cose visibili aspirando a quelle eterne. 5. Perciò in Cristo, che è Dio e uomo, luce vera e splendore della gloria, candore di luce eterna e specchio senza macchia, immagine della bontà di Dio, che il Padre ha costituito giudice, legislatore e salvezza degli uomini, al quale il Padre e lo Spirito Santo hanno reso testimonianza, nel quale sono i nostri meriti, gli esempi di vita, gli aiuti e i premi, fatto per noi sapienza e giustizia, siano fissi ogni nostro pensiero, ogni nostra riflessione e imitazione. 6. A Cristo, infine, che con il Padre e con lo Spirito Santo vive e regna coeterno, consustanziale, coeguale e unico Dio sia lode eterna, onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen. ORDINAZIONI DEI CAPITOLI GENERALI DEI FRATI MINORI CAPPUCCINI PREFAZIONE Dopo che il Capitolo Generale Speciale celebrato nell’anno 1968 aveva abrogato le “Ordinazioni dei Capitoli Generali” che non erano contenute nelle nuove Costituzioni [1] , a poco a poco ci si è resi chiaramente conto che era necessario riprendere una qualche raccolta di tali disposizioni. D’altra parte, secondo la volontà della Chiesa, le norme che non sono ritenute fondamentali, devono essere inserite in altri codici additizi, non nelle Costituzioni [2] . Dopo aver valutato queste ragioni, il Capitolo Generale dell’anno 1988 stabilì che la raccolta delle “Ordinazioni dei Capitoli Generali” venisse ripresa, cominciando dal Capitolo Generale Speciale dell’anno 1968, nel quale, appunto, le precedenti “Ordinazioni” non contenute nelle nuove Costituzioni erano state abrogate. [3] Pertanto, il ministro generale, con il consenso del definitorio, dopo aver preparato e debitamente redatto questa raccolta delle sopraddette “Ordinazioni”, le presenta ora ai frati affinché siano meglio conosciute e debitamente osservate. [4] Le Ordinazioni dei Capitoli generali, che non sono contenute nelle nuove Costituzioni, si ritengono abrogate. [5] Si istituiscono nuove Ordinazioni dei Capitoli generali. [6] I decreti dei Capitoli generali perdono la loro forza solo se sono esplicitamente revocati da un successivo Capitolo generale; diversamente conservano il loro vigore. [7] http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (50 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap CAPITOLO II LA VOCAZIONE ALLA NOSTRA VITA E LA FORMAZIONE DEI FRATI 2/1 - Per andare incontro alla necessità di avere (specialmente) maestri dei novizi e direttori degli studi ben formati nello spirito francescano, viene creato l’Istituto Superiore di Spiritualità francescana con discipline ascetiche e storiche adeguate a tale formazione, in collaborazione con tutte le famiglie francescane. [8] 2/2 - Il ministro provinciale con il consenso del definitorio stabilisce la modalità della prova per un religioso che da un altro Istituto religioso passa al nostro Ordine. Trascorso il triennio (cfr CIC can.684 §2), il tempo di tale prova non si protragga oltre un anno. [9] 2/3 - D’ora in poi i giovani mantengano il nome di battesimo; gli altri frati scelgano, una volta per sempre, o il nome di battesimo o quello di religione. Per determinare la propria identità, nessuno usi più il luogo di nascita, ma il cognome. [10] 2/4 - Sono ammessi nell’Ordine i diaconi permanenti in casi particolari, da approvarsi dal ministro generale con il consenso del definitorio, e osservati i prescritti del diritto sia universale che particolare. Il fatto di ricevere il diaconato permanente non dà al religioso alcun diritto di rimanere assegnato o di essere assegnato alla casa che è entro i confini della diocesi dove il ministero diaconale è stato riammesso. Anche il diacono permanente, come gli altri religiosi, può essere trasferito in un altro luogo. Stando al senso di questo decreto, si può richiedere alla Santa Sede il permesso per il diaconato. [11] 2/5 - Le soluzioni circa il Collegio Internazionale sono di competenza del ministro generale con il consenso del definitorio. [12] CAPITOLO IV LA NOSTRA VITA IN POVERTÀ 4/1 - Per modificare le disposizioni o per porre qualsiasi atto circa i beni temporali, è necessario il permesso dell’immediato Superiore maggiore. [13] 4/2 - Nelle circoscrizioni dell’Ordine e in tutte le case ci deve essere il consiglio economico, di cui al can. 1280 del CIC. [14] 4/3 - Spetta al Capitolo provinciale stabilire norme sull’uso dei beni delle fraternità soppresse, salvi la volontà dei fondatori o degli offerenti e i diritti legittimamente acquisiti. Se invece si tratta dei beni di una circoscrizione soppressa, è competente il ministro generale, il quale deve procedere collegialmente con il proprio definitorio, sentiti la Conferenza e i superiori maggiori interessati e i loro consiglieri. [15] CAPITOLO VI LA NOSTRA VITA IN FRATERNITÀ 6/1 - Il ministro generale deve procedere collegialmente con il suo definitorio ogni volta che si tratta dell’aggregazione di un Istituto di vita consacrata. [16] CAPITOLO VIII IL GOVERNO DELL’ORDINE O FRATERNITÀ 8/1 - Il Capitolo generale fraternamente invita tutte le circoscrizioni dell’Ordine a fare una sincera riflessione sulla propria identità, forza spirituale e vitalità. E se da tale riflessione risultasse la necessità o una grande utilità di cercare una nuova forma giuridica, per esempio l’unione o la cooperazione con un’altra provincia o viceprovincia o missione, il Capitolo prega vivamente i http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (51 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap 8/11 - I definitori generali, durante il loro ufficio, non hanno voce passiva nell’elezione dei superiori maggiori. frati a pensare al futuro, dimenticando ciò che è stato finora. [17] 8/2 - 1. Quando si tratta di venire incontro alle necessità di qualche circoscrizione temporaneamente, cioè non oltre un triennio, i superiori maggiori hanno la facoltà di mandarvi i propri frati senza dover ricorrere al ministro generale. Tale limitazione di tempo non ha valore per il servizio prestato in una circoscrizione che dipende dalla propria. Per gli altri servizi che si prevede si protrarranno oltre un triennio o che si desidera continuare dopo che è trascorso il triennio, si devono chiedere le lettere obbedienziali al ministro generale. [18] 2. Il diritto di voto, di cui si parla al n.113,5 delle Costituzioni, non si esercita più nella propria circoscrizione, ma nella circoscrizione per la quale si presta servizio; ciò comunque partendo dalla fine del primo anno di servizio. [19] 8/3 - I superiori maggiori, in casi eccezionali, non sono tenuti a convocare il proprio Consiglio, se si tratta soltanto di sentirne il parere. Possono invece chiederlo fuori di riunione, o per telefono o in altro modo adatto. Negli atti del Consiglio deve risultare il parere richiesto e la decisione presa dal Superiore. Allo stesso modo si può agire quando si tratta di ascoltare un gruppo di persone. [20] 8/4 - La postulazione ha valore soltanto se il candidato nel primo scrutino ottiene i due terzi dei voti dei vocali presenti. In caso contrario, escluse nuove postulazioni, si cominciano di nuovo le votazioni in modo normale dal primo scrutinio. [21] 8/5 - Per evitare la confusione nella numerazione dei Capitoli generali, si è stabilito che, dopo la promulgazione delle Costituzioni “ad experimentum”, la numerazione si faccia senza distinzione tra Capitoli ordinari e straordinari, così che questo Capitolo dell’anno 1976 sia il LXXVIII Capitolo generale. [22] 8/6 - Membri del Capitolo generale possono essere altri frati professi perpetui, ma non più di dieci. Nella loro scelta si deve tenere presente la particolare esigenza di una certa specializzazione e rappresentanza secondo le norme date dal ministro generale con il consenso del suo definitorio e dopo aver ascoltato i presidenti delle Conferenze. [23] 8/7 - 1. Indetto il Capitolo generale, in ogni provincia con almeno cento frati professi, tutti i frati di voti perpetui eleggano un delegato al Capitolo generale e il suo sostituto. 2. La provincia elegga poi un altro delegato e il suo sostituto per ogni duecento frati professi oltre i duecento. 3. Questa elezione si faccia nel modo stabilito dal Capitolo provinciale. Ad ogni modo, l’esito di tale elezione sia pubblicato almeno tre mesi prima del Capitolo. 4. I frati di voti perpetui di una custodia che abbia almeno trenta frati professi eleggano un delegato al Capitolo generale. Se tuttavia una custodia ha meno di trenta frati professi, questi devono essere inclusi nel numero dei frati della provincia da cui dipende e i frati di voti perpetui partecipano all’elezione del delegato nella provincia. [24] 8/8 - Se il ministro generale fosse eletto fuori del Capitolo, il Capitolo venga sospeso finché non arrivi in Capitolo il nuovo ministro generale. [25] 8/9 - Il numero dei definitori generali sia di otto. [26] 8/10 - I definitori generali, eletti fuori del Capitolo, diventano, ipso facto, membri del Capitolo. [27] [28] 8/12 - Lo Statuto della Curia generale, quanto agli articoli 1-18, è stato elaborato e approvato dal Capitolo generale. Per ciò che riguarda l’elaborazione dei rimanenti articoli il Capitolo generale ha dato al definitorio generale la necessaria autorizzazione. [29] 8/13 - A meno che a giudizio del ministro provinciale con il consenso del definitorio in qualche caso particolare non sembri opportuna un’altra http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (52 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap soluzione, sono privati di voce attiva e passiva quei frati che, prima della convocazione del Capitolo e della preparazione dell’elenco dei delegati, hanno inviato al superiore la richiesta scritta per la dispensa dai voti religiosi e da tutti gli obblighi provenienti dalla professione o dal sacro celibato e da tutti gli oneri connessi alla sacra ordinazione. Se poi tale richiesta è stata fatta a Capitolo già convocato, vengono esclusi dal Capitolo senza essere sostituiti. 8/14 - I frati capitolari perdono la voce attiva se, senza legittima dispensa, non sono presenti al Capitolo per tutto il tempo del Capitolo stesso, sia che esso venga celebrato con delegati o a suffragio diretto. 8/15 - Se la consultazione, che si fa secondo le Costituzioni n.125,2 per la celebrazione del Capitolo provinciale a suffragio diretto, è positiva, entra immediatamente in vigore. Si ordina di inserire il risultato della consultazione nel regolamento del Capitolo in modo che essa non debba farsi ogni triennio. Indire questa consultazione è di competenza del ministro provinciale con il consenso del definitorio; le risposte possono essere date per lettera o in altro modo. 8/16 - Le province che,a norma delle Costituzioni n. 125,2, celebrano il Capitolo provinciale a suffragio diretto e desiderano ritornare al Capitolo con delegati, lo possono fare per mezzo di una consultazione, la cui indizione spetta al ministro provinciale con il consenso del definitorio. La decisione ha valore giuridico se due terzi dei frati che votano danno voto affermativo in una consultazione alla quale devono partecipare almeno il settantacinque per cento (75%) dei frati di professione perpetua della provincia. Tale decisione deve essere inserita nel Regolamento per la celebrazione del Capitolo provinciale. 8/17 1. La delegazione è una struttura dell’Ordine di carattere transitorio, formata da un gruppo di frati e di fraternità locali e affidata ad una provincia. Suo fine è quello di assicurare la vita fraterna in un’area geografica dove ancora non ci sono gli elementi necessari per costituire una custodia e/o una viceprovincia o dove altre circoscrizioni dell’Ordine non sono possibili. 2. Per ciò che riguarda le delegazioni si osservino i criteri seguenti: a. Spetta al ministro generale con il consenso del definitorio e osservate le norme del n.111,1 delle Costituzioni, erigere le delegazioni, mutarne la natura giuridica o deciderne la cessazione. b. Ad ogni delegazione è preposto un frate responsabile, delegato dal ministro provinciale, e assistito da due consiglieri. c. Il delegato insieme ai suoi consiglieri è nominato per un triennio dal ministro provinciale con il consenso del definitorio, sentito il parere dei frati di voti perpetui della delegazione. d. Al delegato, nonostante non sia superiore maggiore, vengano conferite alcune facoltà o capacità giuridiche affinché venga reso più facile il governo pratico, pastorale e amministrativo e possa essere promossa una certa autonomia di funzionamento interno del gruppo, specialmente in vista dell’impiantazione dell’Ordine. e. I frati della delegazione mantengono tutti i diritti e i doveri della rispettiva provincia. f. Tutto ciò che non è previsto dalla presente Ordinazione viene regolato dallo statuto approvato dal ministro provinciale con il consenso del definitorio. 8/18 - Tenuto presente quanto stabilisce il can.629 circa la residenza dei superiori locali nelle proprie case e affinché siano veramente animatori della propria fraternità, essi non assumano impegni tali per cui siano assenti troppo e troppo a lungo dalla casa. 8/19 - I superiori locali possono essere rimossi dall’ufficio dal ministro provinciale con il consenso del suo definitorio per giusta causa, cioè se lo richiede il bene comune della fraternità sia locale che provinciale o della Chiesa particolare. [30] [31] [32] [33] [34] [35] [36] http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (53 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap [1] “È da notare tuttavia che niente impedisce che queste Ordinazioni, se non sono contrarie alle Costituzioni, possano essere accettate in tutto o in parte, dalle province quale norma particolare” (Acta Capituli generalis specialis 1968, vol II, Curia generale OFMCap, Roma 1969, 387-388; cfr AOFMCap 84 (1968) 335). [2] Cfr PC 3; Paolo VI, Lettera apostolica motu proprio “Ecclesiae Sanctae”, 6 agosto 1966, II, 14, AAS 58 (1966) 777; CIC can. 587. [3] AOFMCap 104 (1988) 229. [4] Cfr can. 598, 2. [5] AOFMCap 84 (1968) 335; Acta Capituli generalis specialis 1968, vol II, Curia generale OFMCap, Roma 1969, 387-388. [6] AOFMCap 104 (1988) 229. [7] AOFMCap 104 (1988) 229. [8] AOFMCap 84 (1968) 335; Acta Capituli generalis specialis 1968, vol II, Curia generale OFMCap, Roma 1969, 391. [9] AOFMCap 104 (1988) 230. [10] AOFMCap 86 (1970) 205. [11] AOFMCap 90 (1974) 348; AOFMCap 98 (1982) 261. Il primo decreto dell’anno 1974 aveva stabilito che il giudizio circa la richiesta per il conferimento del diaconato permanente nei singoli casi fosse demandato al definitorio generale. Nel decreto dell’anno 1982 sono state aggiunte alcune condizioni. [12] AOFMCap 98 (1982) 252. [13] AOFMCap 104 (1988) 231. [14] AOFMCap 104 (1988) 231. [15] AOFMCap 104 (1988) 230. [16] AOFMCap 104 (1988) 230. [17] AOFMCap 90 (1974) 349. [18] AOFMCap 116 (2000) 992s. [19] AOFMCap 116 (2000) 293. [20] AOFMCap 104 (1988) 230. [21] AOFMCap 116 (2000) 992. [22] AOFMCap 92 (1976) 182. [23] AOFMCap 110 (1994) 383. http://www.ofmcap.org/it/costituzioni.htm (54 of 55)19/10/2006 15.11.16 Costituzioni OFMCap [24] AOFMCap 116 (2000) 990s. [25] AOFMCap 104 (1988) 232. [26] AOFMCap 116 (2000) 992. [27] AOFMCap 104 (1988) 231. [28] AOFMCap 110 (1994) 383. [29] AOFMCap 86 (1970) 188. Lo Statuto della Curia generale, dopo che è stata elaborata la parte demandata al definitorio generale, è stato pubblicato il 20 gennaio 1971 [cfr AOFMCap 87 (1971) 8-20) e poi, opportunamente rivisto, di nuovo il 23 ottobre 1993 (cfr AOFMCap 109 (1993) 342-354]. [30] AOFMCap 90 (1974) 348. [31] AOFMCap 110 (1994) 383. [32] AOFMCap 104 (1988) 230. [33] AOFMCap 116 (2000) 991. [34] AOFMCap 116 (2000) 989s. [35] AOFMCap 116 (2000) 990. [36] AOFMCap 104 (1998) 230. Ca 146